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Cronaca

JESI BANCA MARCHE, LA COMMISSIONE CONSILIARE ASCOLTA SANDRO FORLANI (“DIPENDIAMO BANCA MARCHE”)

JESI, 2 febbraio 2016 – «È stata una scelta politica, non economica, quella che ha portato all’azzeramento di Banca Marche. E i due anni di commissariamento a cosa sono serviti? Non si è riusciti a fare nulla per incapacità o perché già si sapeva come sarebbe andata a finire?».

JpegSandro Forlani, presidente di “Dipendiamo Banca Marche” , l’associazione che accoglie i dipendenti-pensionati, azionisti dell’istituto di credito, nella sua audizione davanti alla commissione consiliare di studio, presieduta da Daniele Massaccesi,  ha portato il suo pensiero e la sua storia, ieri 1 febbraio, nel terzo appuntamento in calendario.

È una matassa ancora tutta da dipanare – mentre la magistratura fa il suo corso – ma nelle pieghe della stessa appaiono e scompaiono le strade che hanno portato la banca alla liquidazione coatta amministrativa del 22 novembre 2015. E ognuno racconta la propria parte.

«Siamo nati nel 2013 – ha detto Forlani – per il semplice fatto che vedevamo come Bm non rispondesse più a certi requisiti, il nostro era il punto di vista di chi lavora, di chi sapeva quali dovevano essere le funzioni  di una banca locale, quella che conosce il territorio e le imprese che lo abitano. E ridistribuisce la ricchezza a chi ne ha bisogno per fare investimenti. Sino a un certo punto Bm lo ha fatto bene. Poi non lo ha fatto più, con affidamenti  ad aziende – molte le società immobiliari – non patrimonializzate, senza garanzie, fuori anche dal nostro contesto territoriale. Come qualcuno ha detto “una barca capace di navigare nell’Adriatico s’è avventurata nell’oceano. Ed è colata a picco”».

Non ha risparmiato le Fondazioni che «debbono fare un passo indietro per dare più spazio ai rappresentanti degli azionisti. E, poi, loro dove erano? Perché non si è agito prima? Questa vicenda è uno dei più grossi furti legalizzati dal sistema».

JpegJpegMa uno spiraglio per azionisti privati e obbligazionisti subordinati potrebbe esserci «se la valutazione provvisoria del 17% dei 6 miliardi circa di crediti inesigibili – fatta all’avvio della risoluzione – passasse almeno al 25%. Ci sarebbero i soldi per provvedere a chi in una notte ha perso tutto. Perché noi avremmo voluto che fosse mantenuto il valore delle azioni anche allo 0,01. Invece con il decreto  c’è stato l’azzeramento, che si sarebbe potuto evitare se quel 25% ci fosse stato sin dall’inizio. Breznev non avrebbe saputo fare meglio. Non ci sono stati speculatori tra i nostri investitori, a differenza di ciò che crede il governatore della Regione, Luca Ceriscioli, e gliel’ho chiaramente detto, anche perché siamo dello stesso partito (Pd –ndr-)».

E alla domanda del vice presidente Massimo Gianangeli se i dipendenti di Bm avessero fatto pressioni nei confronti dei risparmiatori «per rifilare certi prodotti e se ci fossero le stesse forme di pressione da parte dei vertici della banca perché ciò avvenisse», Forlani ha risposto che «ci sono stati tali comportamenti individuali ma, in generale, non era una pratica diffusa. A livello apicale erano di più. Certo, casi di malavendita c’erano.  Bisogna considerare, però, che ci si basava su prospetti informativi che poi si sono rivelati falsi».

Oggi, 2 febbraio, si continua con le audizioni nella sala consiliare del Comune. Stasera alle 18 tocca al ministero economia e finanze e agli organi di vigilanza.

(p.n.)

 

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