Cronaca
JESI LA STATUA DEL GRANDE SVEVO SCATENA LA POLEMICA, IL “CALAMANDREI” SCRIVE ALLA SOPRINTENDENZA: «SPOSTATELA ALLA STAZIONE E NON A PALAZZO GHISLIERI»
20 Ottobre 2016
di Sedulio Brazzini
JESI, 20 ottobre 2016 – Ennesima, dura denuncia del presidente del Centro Studi Piero Calamandrei contro coloro che si stanno adoperando per il trasferimento della statua di Federico II sulla piazza dove il Grande Svevo vide la luce e contro quelli che si stanno adoperando perché ciò avvenga. Nei giorni scorso il presidente del “Calamandrei”, Gian Franco Berti, ha inviato una lettera all’Arch. Carlo Birrozzi, direttore della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle Marche e per conoscenza anche al sindaco Massimo Bacci.
Nella missiva Berti fa un sunto degli eventi succedutisi negli ultimi 25 anni, da quando, cioè, un comitato cittadino decise di erigere un monumento al grande imperatore. Non solo, nella lettera inviata al Birrozzi il presidente del Centro Studi afferma di aver iniziato una battaglia, “prima contro l’idea stessa di celebrare Federico II, a fine ‘900, con un monumento ottocentesco; quindi contro la erezione e collocamento della brutta statua microcefala nella piazza omonima”. Fin qui l’antefatto che ha fruttato al Berti ed ai contrari (pochi, a dire il vero) la decisione della Soprintendenza di “tenere fuori dalla porta d’ingresso al Centro Antico” l’odiata statua. Ora Berti si scaglia contro “un provincialismo benpensante di ritorno” che “sta muovendo mari e monti per il trasferimento del brutto manufatto nel cortiletto di Palazzo Ghislieri in Piazza Federico II, ritenendolo un fatto privato in luogo privato, anche se andrà a deturpare il piccolo cortile, la bella facciata del Palazzo citato, la finora incontaminata pulizia estetica del fianco della Chiesa di San Floriano, appesantendo comunque la piazza intera di una sovrastruttura brutta, fuori tempo, fuori luogo”.
L’avversione del Centro Studi contro la statua e lo stesso personaggio che questa vorrebbe rappresentare non si limita a ciò; per Berti “e qualche celebrato studioso/architetto” contattati nel tempo, “la statua dovrebbe essere rimossa addirittura da dove si trova ora, danneggiando uno degli angoli più suggestivi di Jesi, il Montirozzo – e non è tutto – si dovrebbe imporre agli eredi del proprietario di portarsela a casa propria; al massimo potrebbe essere collocata al fondo di Viale Trieste che oggi, dopo la demolizione e spostamento della stazione ferroviaria, muore sui binari, come fosse un’incompiuta. Il ‘saluto’ del suo figlio più eccellente ai visitatori frettolosi che arrivano in città – prosegue sarcasticamente la lettera del Berti – potrebbe anche starci …. Specialmente se attorniato da quattro belle piante e altrettante panchine che lo confondono”.
La lettera-denuncia di Berti se la prende anche con chi la pensa diversamente da lui, con una opinione pubblica che invece vorrebbe vedere il monumento su quella piazza; tutto questo perché, secondo il Presidente del Centro Studi Piero Calamandrei, “un centro storico, una piazza non possono essere violentati dalla non cultura da strapaese e solo l’appagamento di un presunto desiderio di turisti tedeschi, ai quali non fa evidentemente credito di buon gusto e di senso estetico … e non si capisce con quale titolo li si denigri a prescindere”.
Dopo questo sfogo tutto personale Berti si appella al ruolo dell’architetto Birrozzi perché si faccia garante “della tutela” di quanto spetterebbe al Calamandrei e a quelli che condividono le avverse posizioni al trasferimento della statua.
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