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Cerreto d'Esi

VERTENZA ELICA «Solo la lotta paga»

Attesa per l’incontro di oggi al Mise tra sindacati, ministero e azienda

CERRETO D’ESI, 30 giugno 2021 – Sono passati ormai tre mesi dall’inizio della vertenza Elica, che sta mettendo a serio rischio la tenuta sociale e lavorativa di tutto il nostro territorio. Una vertenza che subito ha palesato l’obiettivo reale della proprietà, ovvero attuare un profondo processo di delocalizzazione, con l’esternalizzazione dell’80% della produzione, e la chiusura dello stabilimento di Cerreto d’Esi.

La dirigenza mostra ora anche i metodi con cui vuole raggiungere l’impietoso risultato, e dimostra di non esitare ad adottare i provvedimenti più dannosi ed umilianti per i lavoratori, ultimo esempio dei quali la criminale serrata di giovedì 24 giugno.

Questo episodio dà prova della reale natura del gruppo Elica, spietata e predatrice, disposta a seminare incertezza e divisioni fra gli operai per spianare la strada alla delocalizzazione.  Dall’annuncio del piano industriale, che prevede un esubero di circa 500 lavoratori, il livello dello scontro tra azienda e sindacato si è mantenuto piuttosto basso: la scelta dei sindacati è stata quella di mantenere un costante attrito con Elica, per far fronte alla prospettata lunghezza della vertenza.  Appare però evidente che siamo entrati in una nuova fase, ancor più complessa, della vertenza. Ora è necessario un cambio di marcia da parte delle sigle sindacali, per fornire una risposta all’altezza dell’attacco vergognoso inferto ai lavoratori. Non è quindi più possibile portare  avanti, a una cosi bassa intensità, la lotta per il diritto fondamentale che è quello al lavoro. L’azienda vuole dettare le sorti della vertenza con minacce, messa in libertà e sospensioni, senza preoccuparsi  del destino di chi condannerà a perdere il posto di lavoro.

A colpi vili e bassi come lasciare in libertà per 3 ore la forza lavoro, sanzionare con 3 giorni di  sospensione decine di lavoratori, accusati di non garantire  il massimo della produttività, va fornita una risposta muscolare, che può trovare un punto di partenza dal lancio di uno sciopero generale.

Tutto questo è comprovato dalla prova di forza, dal chiaro segnale lanciato da Elica, che desidera vedersi riconosciuta nel tavolo governativo del 30 giugno come il soggetto più forte. Mettere in difficoltà i lavoratori e il sindacato è una tattica basilare che le multinazionali adottano in questi casi. Arrivare ora ad un incontro con governo e gruppo dirigente senza avere spostato, con una presa di posizione adeguata, l’ago della bilancia dalla propria parte vuol dire presentarsi al confronto disarmati e venire completamente schiacciati. Le sigle confederate godono di strutture enormi, di grande capillarità e persone formate (più alla conoscenza delle dinamiche aziendali e non  per la costruzione di lotte capaci di tutelare le ragioni della classe lavoratrice), che potrebbero cambiare le dinamiche delle vertenze se indirizzate su percorsi e prospettive più conflittuali e di classe. La Fiom e il loro principale esponente territoriale dovrebbero prendere come riferimento e punto di arrivo le lotte del Si Cobas nella logistica nel Novarese, che rispondono passo dopo passo alle decisioni padronali con iniziative radicali mettendo a rischio, per i propri diritti, anche la vita. Crediamo che di fronte a questo dato qualcuno, oltre che a farsi delle domande, dovrebbe  anche vergognarsi!

Ciò che l’azienda mira ad ottenere, in funzione strategica, è l’abbassamento del morale di operai e  dipendenti che oggi sono minacciati di essere buttati in mezzo alla strada. È necessario proclamare uno sciopero generale costante, e non uno a scacchiera che produce pochissimo danno all’azienda, assieme col ricostruire la partecipazione, ed assumersi la responsabilità di ricucire la divisone palese fra i lavoratori che partecipano agli scioperi, che non voglio arrendersi, e quelli che, nella vicenda, assumono invece una posizione passiva e sbagliata.

Bisogna far comprendere a questi lavoratori quanto assist stanno fornendo alla multinazionale, facendone il perno centrale per cercare di elevare il più possibile il livello di scontro per contrapporsi alle scelte del padrone. La forza dei lavoratori non si misura nei tavoli istituzionali, che vanno a braccetto con le dinamiche e le richieste dei capitalisti, ma la si realizza in pratiche all’interno degli stabilimenti per far prendere coscienza ai lavoratori e alle lavoratrici che l’azienda sta attaccando la forza lavoro e mira alla sua frammentazione e distruzione. Su questo terreno servono risposte coraggiose e nello stesso tempo irrinunciabili; se toccano uno ci toccano tutti, ritiro immediato del piano industriale per la tutela di tutti i posti di lavoro per mezzo di chiare azioni di lotta come: blocco totale della produzione e delle merci in entrata e uscita, occupazione immediata dei siti produttivi. Solo la lotta paga!

Cerreto d’Esi Bene Comune – Partito Comunista dei Lavoratori

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