Cronaca
Jesi La salute delle api, in bilico tra cambiamento climatico e inquinamento
Maltempo e siccità, unite all’aumento dell’uso dei pesticidi in agricoltura mettono a dura prova gli impollinatori, tenuti in vita dai controlli continui degli apicoltori, l’intervista a Giorgio e Adelmo Calamante
19 Giugno 2023
Jesi – Intere stagioni siccitose alternate a lunghi periodi di piogge incessanti, l’uso sempre più deleterio di fitosanitari in agricoltura, rendono all’ape e agli impollinatori, un ambiente sempre più ostile e difficile per la loro sopravvivenza. Ne parliamo con Giorgio e Adelmo Calamante di “Apicoltura Jesina”.
Com’è lo stato di salute delle api quest’anno e in generale come sta andando la loro attività riproduttiva?
«Di sicuro in questo momento le api non vivono un periodo felice. Il cambiamento climatico in atto mette a repentaglio la loro attività riproduttiva e l’impollinazione. Le piogge continuative di questi ultimi tempi e le fredde temperature non hanno permesso alle api di uscire dall’arnia. La primavera è il momento di crescita e di sviluppo dell’alveare, le api operaie trovano abbondanti raccolti, la regina depone più uova fino a che l’arnia diventa stretta per tanti abitanti e cominciano a pensare alla riproduzione della specie e a breve iniziano le sciamature».
«Il protrarsi del maltempo ha invece molto limitato questa fase, determinando anche il totale consumo del miele di scorta e la crisi della popolazione dell’arnia. In molti casi le api sono rimaste in vita grazie al continuo lavoro di controllo degli apicoltori, ma in qualche raro caso purtroppo non si è arrivati in tempo».
«Quando non c’è raccolto per lungo tempo, le api automaticamente producono anche meno covate, in base a una dinamica di sopravvivenza per cui, se non c’è il cibo, è inutile moltiplicarsi rischiando l’estinzione della colonia. Questo giusto comportamento però condiziona il futuro raccolto che quando arriverà troverà all’interno dell’arnia poche bottinatrici. Allo stesso modo della pioggia continuativa anche la siccità va a minare la salute delle api e la loro riproduzione».
«Quando è troppo caldo e non si forma neanche la guazza notturna che permette la fuoriuscita del nettare dai fiori, anche in questo caso per le api non c’è raccolto, non si possono nutrire e terminano le scorte di cibo. Considerate che in una primavera normale all’interno dell’arnia troviamo mediamente da 6 a 8 telaini di covata, le condizioni atmosferiche avverse dell’ultimo periodo hanno fatto sì che si riducessero ad appena due o tre».
«Se le api sono definite non a caso sentinelle dell’ambiente, queste criticità attestano un abbassamento della qualità della salute ambientale».
L’uso dei pesticidi e l’agricoltura intensiva, quali effetti hanno sulla salute delle api?
«Purtroppo rispetto a qualche anno fa l’uso dei pesticidi in agricoltura è aumentato notevolmente. Questo perché anche gli agricoltori sono sottoposti alle dinamiche di mercato e per coprire le spese e le tasse devono rispondere a una produzione performante. L’uso di prodotti chimici, fungicidi, acaricidi, pesticidi, anche se dichiarati non nocivi per le api, perché magari non arrecano una morte immediata, in realtà inficiano la loro salute, il loro comportamento e incidono sullo spopolamento della colonia».
«Senza considerare che queste sostanze, oltre a uccidere i parassiti, hanno determinato anche la scomparsa di tutti quegli insetti antagonisti dei parassiti, come le coccinelle, le lucciole e tanti altri animaletti che con il loro compito naturale nutrendosi voracemente delle uova dei parassiti permettevano buoni raccolti e lievi danni alle colture. I pesticidi oltre a eliminare questi preziosi antagonisti hanno reso i parassiti ancora più resistenti».
«Nelle Marche, inoltre, la Regione ha da pochissimo approvato una legge, la nr 2 del 2023, che permette agli agricoltori di utilizzare l’uso dei fungicidi ed erbicidi anche sulle colture in fioritura. Siamo l’unica regione ad aver approvato una legge simile e in controtendenza con le nuove disposizioni europee in materia di ambiente e agricoltura».
«Il continuo utilizzo di prodotti fitosanitari con principi attivi sempre potenti sta arrecando un grave danno a tutti gli insetti impollinatori e all’uomo, siamo arrivati al punto che i nostri agricoltori per ottenere un raccolto indispensabile alla loro sopravvivenza debbono utilizzare prodotti fitosanitari anche nei 15/20 giorni di fioritura perché i rimanenti 350 giorni non sono più sufficienti».
Quali strategie si possono mettere in atto per salvaguardare la salute delle api e degli impollinatori in generale?
«Un aiuto immediato e molto semplice è lasciare spazi incolti in cui gettare semi di piante nettarifere che richiamano gli impollinatori e ne garantiscono il nutrimento, potrebbe farlo l’agricoltore lasciando fasce inerbite lungo gli argini di fiumi e torrenti, o lasciare allo scopo una piccola particella dei terreni in coltivazione».
«L’Amministrazione comunale può farlo lasciando incolta un’area non frequentata di un parco, o nelle rotatorie urbane ed extraurbane, dove è possibile e non si limita la visibilità. Possiamo farlo anche noi cittadini a casa, lasciando libera una parte del nostro giardino o nelle fioriere del balcone per poi andare con figli o nipoti ad ammirare insetti impollinatori in azione sui fiori, dalle api alle farfalle, dai sirfidi ai bombi. L’Unione Europea sta promuovendo la salvaguardia degli impollinatori, mettendo a disposizione dell’agricoltura contributi per seminare piante nettarifere».
«In Cina troviamo invece uomini impollinatori per l’assenza di insetti atti allo scopo, in America stanno studiando e sperimentando api-robot, forse ci si prepara alla scomparsa di questi insetti preziosi? Dobbiamo decidere da hche parte stare ma soprattutto parlare di più dell’ambiente e sensibilizzare i giovani alla sua salvaguardia».
(foto in primo piano: Giorgio e Adelmo Calamante di A. Giglietti – archivio Jesi e la sua Valle)
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