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Jesi Sale del Contemporaneo: a Palazzo Bisaccioni anche le opere di Aldo Moriconi

Una stanza in memoria di Sergio Cerioni, l’intellettuale jesino che donò oltre 270 opere ispirate a Valeria

Jesi – Un successo il vernissage delle Sale del Contemporaneo che venerdì sera ha avuto luogo al secondo piano di Palazzo Bisaccioni: 55 opere pittoriche realizzate da 18 artisti, per lo più jesini e marchigiani, saranno visibili, d’ora in avanti, in esposizione permanente e gratuita presso la sede cittadina della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi.

«Un faro nella nostra città che accoglie chiunque desideri rendere questo luogo denso di iniziative – ha affermato la storica dell’arte e vicepresidente della Fondazione Sara Tassi, responsabile della musealizzazione delle opere insieme al collega Federico Pace -. Questo progetto progetto nasce dall’esigenza di contestualizzare il secondo piano, che aveva bisogno di una nuova veste».

Sei camere comunicanti ospitano, su pareti color bosco e blu notte, alcuni dei nomi più noti dell’arte locale contemporanea, da Ezio Bartocci a Ivo Batocco, da Adolfo De Carolis a Orfeo Tamburi. Questo viaggio attraverso la pittura comincia con la Sala del figurativo, un allestimento incentrato sul tema della figura umana, specie quella femminile, in cui compaiono Adolfo De Carolis, Cesare Peruzzi, Nino Caffè, Pietro Annigoni, Emilio Greco e Ivo Batocco. Si prosegue, poi, in quella dell’Arte futur-astratta, dove il termine rimanda all’idea dell’estrema fluidità del confine che separa futurismo e astrattismo.

«Gli elementi – spiega ancora Sara Tassi – si mescolano, la storia dell’arte non è una storia di compartimenti stagni ma di fusioni».

A gravitare intorno all’arte futurista innanzitutto Gino Severini – tra i firmatari del Manifesto di Marinetti – ma anche Sante Monachesi, Wladimiro Tulli e Raul Batocco.

La terza sala, invece, è tutta dedicata all’Arte grafica di Ezio Bartocci con la serie Gente di Teatro: una trasposizione in 13 piccoli cammei della Stagione lirica jesina del ’96. Poi è la volta di Orfeo Tamburi con la Sala del paesaggismo urbano, la monografica dedicata al grande pittore jesino-parigino. Illuminata dalla luce delle due ampie finestre, la quinta è Visibilia, la camera del Visibile che può meravigliare solo entrandovi perché pensata per ospitare allestimenti temporanei tematici o monografici.

L’ultima tappa del tour è l’arte del pittore, scultore, poeta, Aldo Moriconi, entrato nel novero delle acquisizioni della Fondazione grazie alla preziosa donazione di Sergio Cerioni: 270 opere tra acqueforti e acquetinte, disegni, acquarelli, pastelli, olio e smalto su tavola legate alla vita della moglie Valeria.

A ispirarlo, spesso, è proprio lei, la donna che lo seguì a Roma appena diciassettenne prima di diventare una stella del cinema e del teatro del secondo Novecento. Nella saletta intitolata a Sergio Cerioni, insieme alle opere del Moriconi anche un ritratto di Franco Enriquez realizzato dall’artista praghese Mikulàš Rachlík, che fu scenografo e costumista a fianco del regista fondatore – con Valeria, Glauco Mauri e Emanuele Luzzati – della Compagnia dei Quattro e una tempera su carta dello stesso Luzzati dedicata alla Moriconi.

Già assessore ai servizi sociali del Comune di Jesi e componente del direttivo del Centro Studi Calamandrei, Sergio Cerioni è stato – lo ricorda con affetto Federico Pace – «un intellettuale finissimo, capace di individuare immediatamente l’arte e la cultura. Prima di morire mi disse: fanne ciò che vuoi, possibilmente scegli un museo gratuito. Aveva ragione: non sono le opere d’arte ma i visitatori a fare il museo».

«Quando si comincia un allestimento è un po’ come avere di fronte una tabula rasa, uno spazio vuoto: c’è un attimo di smarrimento iniziale, allora la prima cosa da fare è dare una via concettuale. Il mio ringraziamento va al presidente, Paolo Morosetti e al segretario Mauro Tarantino per avermi concesso piena fiducia e libertà di operare. Per uno storico dell’arte questo è importantissimo».

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