Fabriano
Fabriano Ospedale “Profili”, l’affondo del comitato
25 Marzo 2023
Il Comitato per la salvaguardia dell’ospedale Profili analizza lo stato di salute dell’ospedale cittadino e della sanità locale
Fabriano, 25 marzo 2023 – Sanità. Il pensiero torna a Tina Anselmi, al suo impegno civile e senso dello Stato che portarono, nel 1980, alla nascita del Servizio Sanitario Nazionale, basato sul principio della tutela della salute come bene imprescindibile e fruibile da parte di tutta la comunità che poteva liberamente accederne. Per molti anni il Servizio ha assolto degnamente alla sua vitale funzione, mentre ad oggi fa purtroppo fede l’ultimo rapporto OASI della Bocconi sul SSN: negli ultimi 20 anni con tutti i governi c’è stata una erosione continua del finanziamento del sistema nazionale pari a 30 miliardi di euro.
Lo spazio vuoto è stato occupato dalla sanità privata, le cui strutture sono passate dal 38,9% del 2000 al 58% del 2020. La spesa pubblica per l’assistenza privata accreditata, compresa quella ospedaliera, vale il 17% del budget pubblico ed è passata da 34 miliardi di euro del 2012 al 41 del nel 2021. Secondo lo stesso studio la spesa privata volontaria per servizi sanitari nel 2019 incideva per 2,2% del Pil, nel 2021 è salita al 2,4%, la più alta d’Europa. Si è verificato inoltre, un enorme rilancio delle mutue private e delle assicurazioni con un giro di affari di circa un miliardo. La spesa sanitaria nel 2019 era di 115 miliardi di euro, cioè circa il 6% del Pil con un incremento annuo sempre stimato al di sotto dell’inflazione. I 2 miliardi stanziati dal governo Meloni sono insufficienti, ne occorrerebbero almeno 18, meglio 25 per recuperare la sottostima degli ultimi 20 anni.
Per questo, ma anche per l’aumento della domanda e della popolazione (circa 2 milioni in più), per l’innalzamento dell’età media, della pandemia si sono create liste di attesa assurde sia per le prestazioni specialistiche che per interventi operatori. Tutto ciò insieme alla mancata programmazione di figure specialistiche, soprattutto in certi settori, va ad aggravare la situazione dirottando sempre più persone verso la sanità privata con la progressiva chiusura di strutture ospedaliere e territoriali. In 20 anni gli ospedali pubblici sono passati da 777 a 516.
Le chiusure hanno interessato soprattutto le aree interne e montane, la maggior parte senza o con riconversioni farlocche, senza potenziamento delle strutture territoriali, della medicina di base e domiciliare con prevedibile aumento degli accessi al pronto soccorso. I turni stressanti dovuti alla mancanza di personale, soprattutto in alcuni settori, portano all’aumento del rischio clinico e del contenzioso medico legale con medici che si licenziano o chiedono il trasferimento.
Da qui il sempre più frequente ricorso a cooperative e partite iva per coprire turni e servizi. Inserire l’autonomia differenziata in questo quadro, oltre ad essere iniqua, costituisce un azzardo, contraddice la Costituzione e porterà ad una risposta regionale differente non garantendo quei livelli essenziali di assistenza che sono alla base del nostro benessere. L’inevitabile ricaduta a livello locale di questo quadro nazionale ci porta ad affrontare le criticità della nostra area montana, dove facciamo i conti con una viabilità ridotta a causa dei cronici ritardi dei lavori della statale 76 e con frazioni che in certi periodi sono anche difficili da raggiungere. In quasi tutte le unità operative, sia ospedaliere che territoriali, mancano medici, infermieri e tecnici. L’area medica è quella che soffre di più di carenza di personale. Un’intera ala ospedaliera, che ha subito danni dai terremoti del 1997 e 2016 è tuttora inagibile, con l’inevitabile compressione degli spazi e, nonostante le promesse, a tutt’oggi non si è ancora fatto nulla. Stessa sorte è toccata alle nuove sale operatorie, di cui si parla da anni, ma non si è ancora posta la prima pietra, mentre i costi per la loro realizzazione continuano a lievitare.
La riduzione dei posti letto in medicina, così come l’accorpamento di alcune unità operative, da temporanee sono diventate permanenti. La riduzione degli organici ha comportato anche la chiusura di alcuni ambulatori e in taluni momenti anche la riduzione dell’attività chirurgica. Ogni anno si attende con timore l’arrivo delle ferie, foriere di nuovi disagi. Per non parlare dello scandalo della chiusura abusiva della pediatria (riportato anche da una pubblicazione nazionale) con la riduzione a servizio ambulatoriale. Identica sorte è toccata al punto nascita e alla ginecologia, ridotta ad un servizio ambulatoriale, con soli tre posti letto in chirurgia e senza reperibilità. La fisiatria ospedaliera di Fabriano, la sola in area vasta con 18 posti letto ha solo tre medici, mentre nell’ospedale di Jesi, con tre posti letto in neurologia per il post ictus, ne ha 9. Il punto prelievi del laboratorio è indecente ed è collocato da anni all’interno della radiologia. La psichiatria non ha più posti letto e per un eventuale ricovero deve trasferire a Jesi.
Il distretto versa in condizioni serie, carenza di personale dovuta a mancate assunzioni e pensionamenti impedisce anche il normale funzionamento delle commissioni UMEA e UMEE. Le dipendenze patologiche non trovano compiute risposte per gli stessi motivi. Si sente dire che la Sanità fabrianese è poco attrattiva e che i concorsi vanno deserti, ma se si procede solo con contratti a termine senza concorsi a tempo indeterminato, si renderà sempre più difficile reperire personale. Le inaccettabili liste di attesa, sia per prime visite che per i controlli ormai non trovano spazio se non per il 2024 perché occorre attendere l’inserimento delle nuove agende. Vi è poi il trasferimento della sede legale dell’Area Sanitaria Territoriale (AST) in Ancona. Abbiamo quindi perso anche questa dirigenza che aveva giustificato all’ epoca l’acquisto dello stabile in via Turati, sede oggi di servizi misti, sanitari ed amministrativi. Attualmente poi, non vi è un Direttore stabile dell’AST che possa dare indirizzi programmatici ed assumere responsabilità, ma una figura pro-tempore che oltre ad essere liquidatrice della dismessa ASUR ha il compito di traghettare l’AST fino alla nomina del Direttore Generale che dovrà nominare a sua volta il Direttore Sanitario, il Direttore Amministrativo e il Direttore Socio-Sanitario (legge 502).
Tempo addietro si era elaborata una proposta, sottoscritta da tutti sindaci del comprensorio montano, che contemplava un’area capace di superare anche i limiti provinciali e ricomprendere un consistente numero di abitanti e fare del Profili un presidio di riferimento, ripristinando e implementando le funzioni cui aveva sempre assolto, punto nascita compreso che, per le particolari condizioni orografiche, poteva essere accordato come accaduto nella regione Emilia Romagna. Progetto questo, purtroppo lasciato spirare, che oltre a dare certezze a un territorio disagiato avrebbe rallentato lo spopolamento e riacceso prospettiva alla sua gente, speriamo da questo punto di vista in una sentenza favorevole ancora pendente presso il Consiglio di Stato.
Comitato Per La Salvaguardia Dell’ospedale Profili