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Cronaca

Il lutto Addio Totò Schillaci, un anno fa l’ultimo abbraccio di Jesi

L’eroe di Italia ’90 se n’è andato in punta di piedi stamattina a Palermo, le sue esultanze con lo sguardo stralunato resteranno per sempre il simbolo del riscatto sociale, il commosso saluto di Roberto Mancini

Jesi – Tra i momenti più iconici del divertimento preferito dagli italiani ci sono sicuramente l’urlo di Marco Tardelli contro la Germania del 1982, il piattone del 4-3 di Gianni Rivera nella partita del secolo del 1970 e la corsa di Fabio Grosso che scuote la testa dopo il gol dell’1-0 contro la solita Germania, del 2006.

Tuttavia, se oggi facessimo un sondaggio su scala nazionale tra gli appassionati di calcio, scopriremmo per assurdo che quello che più resta nei cuori di ognuno sono gli occhi spiritati di Totò Schillaci durante le Notti Magiche di Italia ’90.

Quello scugnizzo venuto dal nulla, arrivato l’anno del Mondiale alla nobile corte della Juventus dell’avvocato Gianni Agnelli dal Messina plebeo di serie B, nel quale un po’ tutti si identificarono come speranza del fatto che la vita potesse riservare una chance a chiunque ci credesse davvero.

Schillaci ed i suoi occhi fuori dalle orbite dopo ognuno dei 6 gol di quel Mondiale fantastico e sfortunato, di cui fu capocannoniere, sono rimasti il simbolo di un riscatto possibile, dell’uno su mille che ce la fa. Figlio del più basso proletariato di una Palermo in mano ai clan di Cosa nostra e schiacciata dal degrado, divenne con quei gol in maglia azzurra tra giugno e luglio 1990 l’eroe popolare di chi, almeno idealmente, cercava una rivincita.

La sua morte avvenuta oggi a Palermo a causa di un maledetto tumore al colon retto che se lo è portato via a soli 59 anni, consegna definitivamente alla storia colui che è stato il mito di una generazione intera, anche di quelli che gli cantavano quel coro odioso «ruba le gomme, Schillaci ruba le gomme».

Dietro a quel ritornello becero, si nascondeva l’altra faccia della medaglia dell’italiano medio. Quella dei livorosi che speculano su un fatterello di cronaca, che per chiunque altro non avrebbe fatto notizia.

Un suo familiare (non lui!) venne fermato dalla Polizia e dentro l’auto furono rinvenuti pneumatici rubati. Episodio sopra il quale, per altro, vi è sempre stato più d’un dubbio sulla veridicità.

Allora non c’erano i social network (per fortuna?), sopra i quali oggi pletore di livorosi sfogano le proprie frustrazioni contro il prossimo perchè non ce l’hanno fatta. I rancorosi di allora, pertanto, affidarono al canto di quel coretto ributtante il proprio ingiustificato astio, spesso condito con un pizzico di razzismo.

Appena 13 mesi fa, Totò nazionale era stato a Jesi. Ospite dei fratelli Paoloni al ristorante La Brusca di Mazzangrugno, in quegli anni ’90 sede di uno degli Juventus Club punto di riferimento del tifo bianconero in tutto il centro Italia, il campione nazional-popolare si era presentato con la solita discrezione, quasi timidezza.

Quella faccia un po’ spaesata di chi non si spiega il perchè di tanta attenzione ed ammirazione, che ha caratterizzato tutto il suo post-carriera. La stessa discrezione con la quale ha vissuto la sua malattia e se n’è andato, in punta di piedi, stamattina.

E stavolta lo sguardo stralunato l’hanno avuto, nell’apprendere una notizia così terribile, tutti quelli che hanno ammirato questo campione umile venuto dal basso.

Commosso il saluto di Roberto Mancini a Totò che «se n’è andato troppo presto e troppo giovane. Il Mondiale del ’90 e le Notti Magiche non li dimenticheranno mai nessuno, e questo per merito tuo. Sei stato straordinario, un compagno di squadra e un amico incredibile. E un grande calciatore. Ti mando un saluto e un bacio, ovunque tu sia».

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