Opinioni
Jesi A Gian Franco il mio grazie per la sua amicizia
11 Dicembre 2022
Sentiva del tutto secondari gli impegni sul piano politico, verso i quali era sempre pronto a esplodere più che a costruire, o meglio: voleva costruire, previa demolizione
di Vittorio Massaccesi
L’amicizia con Gian Franco Berti arrivò molto tardi. Solo al suo ritorno da Torino.
“Ma come! Non ti ricordi quando da ragazzi giocavamo nella zona dei Fratiminori? Io abitavo nella villetta lì vicino…”.
Non ricordavo proprio niente.
Ci siamo conosciuti abbastanza. Ci siamo stimati, ci siamo rispettati, abbiamo bisticciato. Sarcastico, sapeva anche chiedere scusa. Critico, con una poliedricità culturale piena di interessi legati alla sua Jesi, me lo faceva ammirare al punto che ero sempre pronto ad ascoltare i suoi fiumi di imprecazioni contro tanti, contro tutti quelli che, impegnati nel sociale o nel politico, non si rendevano conto della graduale decadenza della città.
Un pessimismo legato solo ai suoi sogni, alle sue concrete attività nel Calamandrei, nella Fondazione Pegolesi-Spontini. Sentiva del tutto secondari gli impegni sul piano politico, verso i quali era sempre pronto ad esplodere più che a costruire. O meglio: voleva costruire, previa demolizione.
Proprio come predicava da oltre 30 anni in merito al Palazzo ex Giuseppine: va acquistato dal Comune e poi demolito. E giù tutti i possibili vantaggi urbanistici ed estetici.
E rimproveri mi sono arrivati anche via Whatsapp. A ogni volta che affrontavo sul Palazzo (rubrica del settimanale diocesano Voce della Vallesina) il tema del San Nicolò!
“Mi spieghi perché su San Nicolò continui a dimenticare la trentennale proposta del Centro Calamandrei?”. Ma non era vero. La sua proposta io l’avevo ripresa anche senza citare il Calamandrei perché lui da molto tempo non si faceva vivo sul tema, gongolava sul detto del passato. Non dava più una mano ai tempi di Bacci. Naturalmente si arrabbiava. Magari aveva pure ragione.
Ci fu un periodo in cui collaborava con Voce della Vallesina mandando articoli di quando in quando… E si arrivò al momento più acuto di rottura quando pretendeva di pubblicare un articolo molto impegnativo sul piano politico senza firma o con firma di altra persona. Diceva di avere le sue ragioni. Ed io le mie.
Così, tra i tanti garbati saluti che elargiva a mia moglie quando la trovava intenta a curare le fioriere dei finestroni della sede di Voce della Vallesina, una volta, incrociandosi in centro, era arrivato al più eccellente, quello alla Giannelli: “Dica a suo marito che se lo vedo sono contento, se non lo vedo sono ancora più contento!”.
Risposi sempre in modo abbastanza generoso ai suoi appelli finanziari per portare avanti i suoi tanti progetti. Mi fidavo ciecamente di lui sia in termini etico-religiosi che culturali ed estetici. Così mi ha commosso quando qualche mese fa – era il 31 marzo – mi chiese le coordinate bancarie per potermi restituire quanto avevo versato da tempo per il cortometraggio “Assoluzione di un amore” che non poteva essere più portato avanti per ragioni varie.
In realtà il motivo era tutto suo: non stava bene. Provai a resistere dicendo che poteva tenere tutto. Comunque non c’era fretta. Niente da fare. Insistette finché non gli comunicai le coordinate. Uno scrupolo di fronte alla morte di una stupenda delicatezza.
Perché Gian Franco era, a modo suo, di una formazione integra. Era un cristiano e un cattolico anticlericale al 100%. Un’ottima intesa con papa Francesco. E contribuì con una bella somma alla realizzazione della porta di bronzo del duomo promossa dal vescovo padre Oscar Serfilippi. Nella Messa di commiato, celebrata dal suo grande amico don Giuliano, assistito da don Claudio e da don Vittorio (i suoi ultimi parroci) proprio il suo don Giuliano ha desiderato ricordare quell’anelito del nostro amico al trascendente nel quale possiamo leggerci tanto.
E tanto ci fa capire il suo cortometraggio “Alla fine della Nuvola” in cui proprio il sacerdote attore incarna il difficile cammino del mondo cattolico che si sta adagiando sulle consuetudini mondane. Quel “chiuso per fallimento” è l’ultimo schiaffo che dà al pigro mondo cattolico e Gian Franco va a rifugiarsi nella Costituzione italiana con il commento del Calamandrei.
Ora che è al di là della Nuvola, non posso che esprimere tutto il mio grazie per la sua amicizia e le più cordiali condoglianze ai familiari. Ai quali esprimo anche il mio personale dispiacere di aver letto che il Centro Calamandrei sarà trasferito a Torino. Anche se Torino è stata la città di elezione professionale di Gian Franco, penso che Jesi abbia una persona e anche un comitato che possano continuare l’opera da lui intrapresa insieme ad altri, compreso Massimo Gatti non sempre ricordato.
- Gianfranco Berti è deceduto all’età di 85 anni il 29 novembre scorso
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