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Cronaca

Jesi Aiuti all’Ucraina, un anno dopo: tutti i numeri della Caritas – VIDEO

Sono 59 le famiglie accolte da febbraio 2022, 155 persone, quasi 60.000 euro i fondi utilizzati, «dopo l’emergenza, ora dobbiamo sostenerli nella ricostruzione», ha spiegato Laura Stopponi di Caritas italiana

di Tiziana Fenucci

Jesi, 27 febbraio 2023 – A un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina, Caritas Jesi ha fatto il punto, venerdì 24 febbraio, nel corso di un convegno a Palazzo Bisaccioni, sull’accoglienza alle famiglie di profughi arrivate nel nostro territorio subito dopo l’inizio della guerra.

«Gestione di un’emergenza non prevista, che ha visto in poche ore costituirsi una rete di solidarietà composta da enti pubblici e diocesi, associazioni private e di volontariato, dai cittadini che si sono offerti», ha spiegato Marco D’Aurizio, direttore Caritas nel saluto introduttivo.

Marco D’Aurizio e Samuele Animali

«Tutti uniti nell’intento di gestire dapprima l’accoglienza e i bisogni primari dei profughi, poi il processo di inclusione nella vita sociale e il supporto psicologico».

All’incontro sono intervenuti il vescovo Gerardo Rocconi, la responsabile dell’Ufficio Europa di Caritas italiana, Laura Stopponi, il vice sindaco Samuele Animali, l’assessore Loretta Fabrizi per la Consulta per la Pace, il direttore di Asp Ambito 9, Franco Pesaresi, la vicepresidente della Comunità ucraina delle Marche Jacqueline Bachynska, gli operatori Caritas e quelli delle altre associazioni di solidarietà del territorio. Presenti in sala anche diversi assessori e consiglieri comunali, tra cui Emanuela Marguccio, Alessandro Tesei, Valeria Melappioni, Paola Lenti.

In base ai dati raccolti da Caritas Jesi sono 59 le famiglie accolte da febbraio del 2022 per un totale di 155 persone. Quasi 60.000 euro i fondi utilizzati, provenienti dalla raccolta fondi diocesana, dall’Apri Ucraina e da Caritas Italiana, dalle risorse parrocchiali dell’8×1000. A dicembre 2022 la situazione dell’accoglienza a Jesi e nei Comuni limitrofi, registrava la presenza di 23 nuclei familiari, per un totale di 51 persone.

«Non è mai stato facile quantificare il numero di profughi presenti – ha spiegato la psicologa di Caritas Jesi, Deborah Pierangelile persone andavano e venivano in continuazione, alcune si sono fermate, alcune ripartivano verso altre città. Nella fase iniziale ci è sembrato importante gestire l’emergenza e i bisogni primari, poi si è rivelato utile fornire un’assistenza più completa, il sostegno psicologico per affrontare il trauma della violenza del conflitto, l’abbandono delle loro case, dei parenti, dei mariti andati a combattere, in molti ci chiedevano di aiutarli a cercare i parenti e farli venire in Italia».

La giornalista Beatrice Testadiferro e Deborah Pierangeli

«Abbiamo avuto anche diversi casi di fragilità, tra anziani, disabili e alcuni minori non accompagnati, c’è voluto l’impegno di tanti, di tutti, per aiutare al meglio queste persone».

I servizi offerti dagli operatori e dai volontari riguardano l’alloggio, la mensa e i buoni alimentari per l’acquisto dei beni di prima necessità. Ma anche la distribuzione di indumenti e prodotti per la cura dei bambini, il sostegno nel pagamento delle utenze, i servizi sanitari e le vaccinazioni. A questi si aggiungono i servizi di orientamento e formazione professionale, l’assistenza psicologica, l’assistenza legale e amministrativa, i corsi di lingua italiana, l’inserimento scolastico dei bambini e l’animazione culturale e turistica.

Servizi gestiti da Caritas Jesi in stretta collaborazione con l’Asp Ambito 9.

«Siamo abituati a gestire l’accoglienza degli immigrati grazie a progetti specifici, come il progetto Sai che abbiamo esteso anche agli immigrati ucraini – ha spiegato Franco Pesaresi, direttore Asp Ambito 9 -. Il fatto è che ci siamo trovati di fronte a una tipologia di immigrazione diversa».

Franco Pesaresi, il secondo da sinistra

«Abbiamo sempre lavorato nell’ottica di inserire e stabilizzare gli immigrati nel territorio. Con le famiglie ucraine non è stato così, loro erano e sono convinte di voler tornare il prima possibile nella loro patria, alcune sono già rientrate. Il loro progetto è ricostruire la vita in Ucraina, più che integrarsi nel contesto italiano».

«Da qui la necessità di un supporto psicologico che li sostenga nell’affrontare la distruzione e le perdite, di quello che troveranno al rientro in patria. Tutto sarà cambiato e dovranno pensare alla ricostruzione», ha spiegato Laura Stopponi, coordinatrice del progetto di solidarietà internazionale e responsabile Uffici Europa di Caritas italiana.

«Il servizio di assistenza Caritas agli ucraini è cambiato nel corso di quest’anno. Sono stata al fronte e ho assistito alle varie fasi, prima la necessità quella di farli mettere in salvo, poi di dargli cibo, indumenti, soldi e un tetto per ripararsi. Adesso la necessità di assisterli nella futura ricostruzione».

Laura Stopponi

«Al momento dello scoppio del conflitto Caritas si è trovata a dover gestire un flusso di 13 milioni di profughi che sono emigrati all’estero, gran parte nella vicina Polonia, ma anche in Francia, Germania e Italia.  Scegliendo anche realtà più povere come la Turchia, la Georgia, la Bosnia e la Grecia, a cui la Caritas ha offerto sostegno economico per gestire l’accoglienza».

Attualmente sono 6 milioni gli sfollati che restano ancora fuori dall’Ucraina e che la Caritas sta aiutando. E sono 47 i milioni di euro di fondi della rete internazionale delle Caritas, messi in campo per aiutare l’Ucraina.

«Nessun altro popolo desidera la pace come il popolo ucraino però vogliono una pace giusta non si può conquistare un Paese con la forza», ha sottolineato Jacqueline Bachynska vice presidente della Comunità ucraina delle Marche.

Il vescovo Gerardo Rocconi

«Le diocesi si sono impegnate tanto con le attività e con le preghiere. Ma il bene migliore che possiamo fare è che la guerra finisca – l’appello del vescovo Gerardo Rocconi – purtroppo si ragiona ancora in termini di vittoria, mentre la pace si può trovare solo nella mediazione. Quanti morti ci vorranno ancora?».

Samuele Animali

«La Caritas è un ente privato che svolge un grande ruolo pubblico – ha detto il vice sindaco Samuele Animali – perché pubblico è l’impatto delle attività che ha intrapreso. L’Amministrazione comunale che cosa può fare di fronte alla violenza e alla guerra? Agire promuovendo una cultura di pace, rafforzare la collaborazione con i soggetti del territorio a favore della non violenza, sostenendo la Consulta per la Pace e le associazioni di riferimento».

A conclusione del convegno si è svolta l’iniziativa Candele accese per la pace, promossa dalla Consulta per la pace «a sostegno della risoluzione approvata dall’assemblea Onu, con 141 Paesi favorevoli e 7 contrari, che richiede l’immediato ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino», ha spiegato l’assessore Loretta Fabrizi.

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