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Cronaca

Jesi Alla “Borsellino” educhiamo insieme alla legalità

Il dirigente del Commissariato di Pubblica Sicurezza, vice questore Paolo Arena, ha incontrato ieri mattina gli studenti delle classi seconde della Secondaria di primo grado, si è parlato di mafia e omertà

Jesi – Il dirigente del Commissariato di Pubblica Sicurezza, vice questore dr. Paolo Arena, nell’ambito del progetto di legalità per l’anno scolastico in corso, progetto denominato Educhiamo insieme alla Legalità, voluto dal questore Cesare Capocasa d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale e rivolto agli istituti scolastici di Ancona e provincia, ha incontrato ieri gli studenti delle classi seconde della Secondaria di primo grado Paolo Borsellino alla presenza della dirigente scolastica Sabrina Valentini, del corpo docente e del gruppo Agende rosse di Marco Mazzarini e Maria Teresa Mancia. 

La tematica affrontata, “Mafia: abbattiamo il muro di omertà”. La scuola, per eccellenza, costituisce la formazione sociale in cui i giovani sviluppano la loro personalità con  il sostegno dei docenti muovendo i primi passi verso la legalità.

L’educazione alla legalità diviene la premessa culturale indispensabile dell’esistenza dei giovani, sviluppa la conoscenza della funzione delle regole nella vita sociale, i cardini della democrazia e l’esercizio dei diritti della cittadinanza, è il rispetto consapevole e partecipato delle regole sociali, è trasparenza, impegno a fare meglio e di più.

Senza educazione alla legalità si spiana pian piano la strada alla mafia in senso lato in tutte le sue forme, all’arroganza criminale, alla prepotenza, alla voglia di imporre il dominio sulle persone e sulle cose. Infatti, uno dei caratteri più pericolosi del fenomeno mafioso è la sua capacità di radicarsi profondamente nel contesto sociale, creando aree di copertura e contiguità, infiltrandosi negli appalti pubblici, nell’economia locale e nazionale con operazioni di riciclaggio e reimpiego dei capitali illeciti. Nella politica, mirando al controllo del territorio. 

In Italia non ci sono zone libere dal giogo mafioso, neanche nelle Marche dove le indagini espletate negli anni in sinergia con la Procura, hanno fatto emergere l’azione mafiosa specie per quel che attiene allo spaccio di droga e al riciclaggio di denaro sporco

La mafia oggi è ancora forte, capace di colpire, come ha fatto con i Giovanni Giudici Falcone e Paolo Borsellino, gli uomini e le donne della scorta, come Emanuela Loi, Vito Schifani e tanti altri Poliziotti e Poliziotte.

Dalla loro morte, tuttavia, è nato un movimento culturale che ha scosso le coscienze, iniziando a cambiare la mentalità malata del Paese. Un movimento di rinnovamento, che ha aiutato la società a reagire, a non piegarsi alle logiche mafiose. Le organizzazioni mafiose spesso reclutano tra le loro fila giovani poco più che adolescenti, avvalendosi di essi per attività illecite come lo spaccio di droga e le estorsioni.

Molti ragazzi sono affascinati dal carisma criminale dei leader mafiosi che ritengono forti e diventano un modello da imitare.

Il carcere è una situazione che mettono in conto di dover affrontare perché, quasi per assurdo, è considerato un attestato di merito, di professionalità.  Il Dirigente del Commissariato ha spronato i giovani studenti a cambiare, rimarcando che è tempo di trovare nuove vie, è tempo di ribellione positiva, praticando con la vita la legalità sì da costruire una società viva e non una società che muore ogni giorno dietro l’omertà di tutti. 

«Imparate a essere sempre liberi – ha sottolineato il vice questore Arena -, abbiate sentimenti di rispetto verso voi stessi e gli altri per un città migliore, per un mondo rinnovato. La mafia ha un volto oscuro, si alimenta nella penombra, la legalità invece vive di lucentezza, trasparenza, collaborazione». 

L’incontro, veramente costruttivo, si è concluso con la visione di un cortometraggio sulla mafia e l’immancabile foto di gruppo.

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