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Cronaca

JESI Biodigestore: «Criteri ambientali per la scelta della sede»

«Non prettamente politici», lo sostiene Legambiente in merito alla localizzazione dell’impianto, invitando l’Ata a intervenire il prima possibile

JESI, 26 maggio 2020 – «Chiediamo all’Ata e ai Sindaci che ne fanno parte che la scelta su dove collocare l’impianto di biodigestione sia fatta tenendo conto di tutti i criteri ambientali e delle minori ricadute negative sul territorio provinciale – dichiara Francesca Paolini, presidentessa del Circolo Legambiente “Azzaruolo” di Jesi -. La localizzazione d’impianti per il trattamento di rifiuti è, infatti, una fra le più complesse e controverse problematiche di pianificazione territoriale e non deve essere affrontata impiegando metodi di valutazione che utilizzino come metro di confronto ragioni prevalentemente politiche».

Francesca Paolini - circolo Azzaruolo

Francesca Paolini

Questo il commento di Legambiente Jesi in riferimento alla collocazione del biodigestore nei Comuni di Jesi o di Ancona, le cui Amministrazioni hanno espresso entrambe disponibilità a realizzarlo sul proprio territorio. Di recente, infatti, la stampa ha dedicato numerosi articoli alle difficoltà incontrate da parte dell’Assemblea Territoriale d’Ambito (Ata) nell’individuazione di un sito dove collocare l’impianto di digestione dei rifiuti umidi. A fronte delle diverse proposte, il Circolo Legambiente “Azzaruolo”, auspica che questo non sia un motivo per perdere ulteriore tempo.

biodigestore incontro comune

Uno degli incontri sulla questione del biodigestore

«La vicenda covid-19 ha evidenziato quanto sia necessario rilanciare la questione ambientale unitamente alla crescita – continua Francesca Paolini -. Per questo motivo, invitiamo l’Ata ad agire subito. Allungare i tempi, oltre a farci perdere delle opportunità, finirebbe solo per aggravare questa drammatica situazione».

L’Ata era intervenuta sulla vicenda con il presidente Luigi Cerioni. Da diversi anni Legambiente sostiene come le Marche abbiano bisogno, subito e prioritariamente, degli impianti per trattare l’organico differenziato, altrimenti questa tipologia di rifiuto continuerà a finire in impianti di riciclo lontani anche centinaia di chilometri, a costi ambientali ed economici maggiori per le tasche dei cittadini, consumando gasolio, inquinando l’aria e rendendo sempre più insicure strade ed autostrade.

Luigi Cerioni

Attualmente oltre il 30% della frazione organica prodotta viene trattata fuori regione per mancanza di impianti e che gli impianti in regione a gestione pubblica riescono a coprire solamente il 38% del fabbisogno regionale di recupero della frazione organica, mediante solo compostaggio.

Una buona pianificazione e il coinvolgimento dei cittadini, scondo Legambiente, rappresentano la chiave per lo sviluppo degli impianti a biometano nel nostro Paese, dove dal 2018 è possibile immettere in rete questo combustibile prodotto da rifiuti urbani, scarti agroalimentari, fanghi di depurazione e discariche esaurite.

(e.d.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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