Cronaca
Jesi Corridoi umanitari, la sfida raccontata da Manuela De Marco
4 Aprile 2023
L’Italia caso di studio importante in materia di accoglienza: «L’ Europa ci osserva con attenzione», l’incontro organizzato dalla Fondazione Caritas
di Elena Tisè
Jesi, 4 aprile 2023 – Nella giornata di sabato scorso presso la chiesa di San Nicolò, si è svolto l’incontro sul tema dell’accoglienza e dell’immigrazione organizzato dalla Fondazione Caritas Jesina Padre Oscar, nella sede che fino al 5 aprile ospiterà la mostra fotografica Human Lines, anatomia di un’ accoglienza.
Ospite, tra gli altri, Manuela De Marco, dell’ufficio immigrazione di Caritas Italiana, che ha raccontato l’esperienza dei corridoi umanitari come via legale e sicura di ingresso in Europa.
Sono intervenuti all’evento – mediato da Mariangela Boiani, operatrice presso la Caritas cittadina – il sindaco Lorenzo Fiordelmondo, il vescovo della diocesi di Jesi, Gerardo Rocconi, Marco D’Aurizio, direttore della Caritas diocesana. Presenti anche il rappresentante di una famiglia tutor e un ragazzo eritreo, accolto dalla diocesi di Jesi con la sua famiglia nel 2018, dopo un trascorso di quattro anni nel campo profughi di Shimelba (Etiopia).
«È necessario partire da un assunto: i corridoi umanitari non possono risolvere il problema dell’immigrazione, sono uno strumento importante da affiancare a politiche strutturali che dovrebbero essere più lungimiranti di così».
Con un atto di onestà e, insieme, di denuncia, Manuela De Marco ha aperto il suo intervento sul tema dei corridoi umanitari: 4 programmi firmati dal 2017 – due conclusi, il terzo fase di esecuzione, il quarto, di avvio – che hanno permesso a più di un migliaio di persone in condizioni di particolare vulnerabilità di arrivare in Italia in maniera legale, sicura.
«I corridoi per noi non sono solo una via privilegiata di ingresso – spiega Manuela – sono una casa, una comunità accogliente».
La chiave per garantire l’integrazione è la partnership tra i soggetti locali coinvolti: una rete complessa di strutture, enti, famiglie e volontari che permette ai rifugiati di non rimanere ai margini una volta arrivati in Italia ma diventare individui autonomi.
L‘iter logistico dei corridoi tuttavia non è semplice né privo di criticità; innanzitutto si tratta di programmi inseriti in singoli protocolli siglati, iniziative affidate alla buona volontà delle associazioni che non fanno parte di una strategia politica strutturale. Inoltre, è fondamentale agire da Paesi – Paesi di transito – che permettano di espletare tutte le procedure legali, cosa che varia in funzione dei mutamenti dell’assetto politico e istituzionale del Paese di riferimento.
L’obiettivo cui si guarda ora, fa sapere Caritas, è quello di “fare come il Canada“: garantire ai programmi una dignità legale. Il Canada, infatti, unicum in materia di corridoi umanitari, ha riconosciuto a gruppi di associazioni di volontariato, laiche e religiose, la possibilità di attivare le procedure per accogliere parenti e amici dei beneficiari, facendosi garanti del loro percorso di accoglienza.
«L’ Europa è interessata a questo e ci osserva con attenzione. L’ Italia è un caso di studio importantissimo per i corridoi perché è il più strutturato nelle azioni. Altri Paesi europei li hanno fatti – Francia, Germania, Irlanda – ma per pochissimi numeri e tutti ricongiungimenti familiari», ha chiarito Manuela De Marco.
«I corridoi, diceva giustamente Manuela, sono una goccia nel mare. In questi casi può nascere la tentazione di chiedersi: ne vale veramente la pena? Molte volte, di fronte a emergenze così grandi, il piccolo segno è fondamentale».
«Lo scopo della Caritas non è quello di risolvere i problemi del mondo ma quello di sensibilizzare la comunità perché si comprenda il bisogno, non perché si veda il risultato», ha affermato in chiusura mons. Gerardo Rocconi.
(foto in primo piano: Mariangela Boiani, mons. Gerardo Rocconi, Manuela De Marco, Marco D’Aurizio, Lorenzo Fiordelmondo)
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