Cronaca
JESI Fabio Ragaini: «Casa famiglia anche per disabilità gravi»
18 Gennaio 2022
Il responsabile del Gruppo Solidarietà: «Le istituzioni faticano a leggere i bisogni del territorio»
JESI, 18 gennaio 2022 – Una Comunità alloggio per persone con lieve disabilità sarà realizzata alle ex Giuseppine con l’eredità di Daniela Cesarini. Di che struttura si tratta? Quali sono i bisogni del territorio?
Lo abbiamo chiesto a Fabio Ragaini, responsabile del Gruppo Solidarietà, una organizzazione di volontariato che opera dal 1980 sul fronte della disabilità. La sua attività si esplica in iniziative che vanno dal livello più strettamente locale a quello nazionale.
A Jesi sarà realizzata una Comunità alloggio per persone con lieve disabilità con l’eredità Cesarini. Di che tipo di struttura si tratta?
«E’ una comunità per persone con disabilità che hanno buone autonomie, parzialmente autogestita, tali da non richiedere una presenza continuativa di operatori (i requisiti sono indicati qui; a pag. 8 quelli generali e a pag. 42 quelli specifici). Caratteristica di questo tipo di comunità, a differenza del Gruppo Appartamento, di cui si era letto in precedenti articoli, è di essere esclusivamente sociale. Gli oneri di gestione sono quindi a carico dei Comuni e/o degli utenti. Ho letto delle discussioni riguardanti la possibilità che ci siano persone in carrozzina».
«Ovviamente, come tutti gli altri servizi residenziali deve rispettare le norme in materia di barriere architettoniche ed è evidente che in questa tipologia di comunità possono essere presenti anche persone che necessitano di carrozzina pur mantenendo una buona autonomia. Non è rivolta a persone con disabilità complessa che richiedono presenza continuativa di operatori, il che significa non è un servizio rivolto a persone con disabilità gravi. Ciò lo differenzia da tutte le altre tipologie di servizi residenziali, compresi gli “alloggi” della legge 112/2006, il cosiddetto “dopo di noi”».
Perché abbiamo necessità di strutture come questa?
«Questa domanda è importante e ne richiama altre. Quali bisogni esprime questo territorio e quali bisogni sono stati rilevati. Dagli ultimi documenti programmatici di Ambito 9 e Asp (Piano territoriale sociale e Piano programmatico 2022-24) non emergono indicazioni in proposito. Se mi chiedi un parere, ti dico che ogni discorso riguardante la “cosiddetta” residenzialità deve misurarsi con alcune questioni. Nella disabilità complessa (quella non prevista per questo tipo di servizio) la principale è che quand’anche ci siano esigenze potenti (intendo ad esempio nucleo familiare molto fragile) senza percorsi di accompagnamento e
conoscenza del servizio, il distacco familiare è difficilissimo».
«Lo sperimentiamo nel nostro territorio. Dove a fronte di un’offerta estremamente limitata la domanda sembra non esserci. In realtà non manca la necessità, ma serve accompagnamento e contestuale disponibilità di offerta. Bisogna evitare di ricorrere alla residenzialità solo in situazione di emergenza. Qui si aprono anche altri problemi, non ultimo quello delle risorse (e delle forti resistenze) che Comuni e Asl devono assumere con costi giornalieri mai inferiori 115 euro al giorno. Nel caso della Comunità alloggio occorre essere consapevoli che si tratta di percorsi con persone con buona autonomia, ad esempio già inserite nel mondo del lavoro, che dovrebbero scegliere di intraprendere questo percorso abitativo».
«Aggiungo un’ultima cosa. Nel lascito di Daniela Cesarini si parla di “casa famiglia”. Una definizione non presente nella tipologia di servizi residenziali marchigiani, ma che abbiamo usato tantissimo in un determinato periodo storico. Casa famiglia si opponeva a Istituto. E richiamava una nuova modalità di essere dei servizi. Ovvero luoghi che richiamassero la dimensione familiare. Una dimensione che deve riguardare non solo le persone “con lieve disabilità”, ma tutte le persone con disabilità che scelgono di vivere in comunità. Quindi anche quelle con “disabilità gravi”».
Hai introdotto una ulteriore complessità…
«Mi sembra che si tratti di cercare di leggere la realtà. Una realtà che oggi ci chiede anche di ripensare le modalità con cui ci approcciamo a questi temi. Possiamo dire che il paradigma precedente era: famiglia che non ce la fa più e quindi necessita di “struttura residenziale”. Oggi la prospettiva e la sfida sono altre. La persona con disabilità, anche quella con disabilità complessa, chiede di uscire dalla famiglia per sperimentare un nuovo percorso, il venir meno del nucleo familiare chiede la necessità di sostegni nella nuova situazione che non determina in automatico l’uscita da casa».
«Sono esigenze presenti, a volerle ascoltare. Le Istituzioni sembra che facciano fatica a comprenderle a pieno. Dico, infine, leggendo in questi giorni le dichiarazioni istituzionali, e per quello che vale il mio pensiero, che una certa sobrietà nelle dichiarazioni, sarebbe benvenuta. Non mi pare ci sia e ci sia stato nulla di straordinario in questo percorso che, peraltro, è appena iniziato».
Eleonora Dottori
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