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Jesi “Food for Mind” per prevenire e curare i disturbi alimentari

Volti noti dello spettacolo come Martina Colombari e Paola Giorgi, sportivi, associazioni e tanti cittadini hanno partecipato all’evento organizzato dal centro di cura fondato dal dott. Leonardo Mendolicchio

Jesi – «La città è come un corpo e in quanto tale può avere anche delle ferite. Allo stesso modo i cittadini di una comunità devono sentire che a prendersi cura delle parti più fragili del corpo urbano ci sono persone competenti».

La metafora utilizzata dal sindaco Lorenzo Firdelmondo in apertura a Il peso del vuoto, serata promozionale del centro Food for mind per la cura dei disturbi alimentari.

A promuovere l’evento, condotto dalla giornalista Catiuscia Ceccarelli, volti noti dello spettacolo come Martina Colombari e Paola Giorgi, ma anche dello sport, con Elisa di Francisca e molte associazioni del territorio: Lions Club, Fidapa e Iisp Galilei, che hanno partecipato alla serata inaugurale.

Seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali, i disturbi alimentari sono in crescita esponenziale e le diagnosi sono aumentate dopo la pandemia.

«Quando il problema dei disturbi alimentari non era ancora esploso – ha spiegato il dott. Leonardo Mendolicchio, psichiatra e fondatore di Food for Mind – abbiamo avuto l’intuizione nel 2018 di mettere insieme specialisti del settore per costruire quella che oggi è diventata una cornice nazionale, con 19 centri. Abbiamo imparato dai nostri pazienti che la sofferenza umana ha bisogno di una polis, in senso lato, che sappia accogliere e curare la malattia. Il primo centro è nato a Milano, poi Varese e ora anche a Jesi grazie alla collaborazione con la dott.ssa Linda Fiorà».

Proprio quest’ultima ha sottolineato la modalità olistica dell’approccio Food for mind.

«I nostri sono gruppi di lavoro funzionano perché rispondono insieme alla complessità del disagio. Siamo una rete di specialisti che prendono in carico non solo i corpi testimoni del malessere, ma anche le storie personali dei nostri pazienti, in modo da creare un abbraccio che cura: una risposta multidisciplinare e non solo clinica».

Tanta è stata la partecipazione della cittadinanza da richiedere lo svolgimento della serata presso il cortile esterno del museo Stupor Mundi, che prima del convegno è stato il palcoscenico per la rappresentativa esibizione degli allievi della scuola di danza Cinzia Scuppa

«Ogni volta che incontriamo la cittadinanza, le scolaresche – ha evidenziato Leonardo Mendolicchio – ci rendiamo sempre più conto che bisogna avere il coraggio di affrontare il malessere e il disagio strisciante connesso a queste malattie, riflettendo su quale possa essere il nostro contributo come specialisti, ma anche come genitori, educatori o semplici cittadini».

Chi è a contatto con i giovani è sicuramente Ilaria Capponi, ex modella, ora imprenditrice ed esperta di comunicazione, che in quanto alla responsabilità della cultura social non condanna lo strumento, ma l’uso che se ne fa.

«I ragazzi creano con i social una storia di sé che non gli appartiene e nelle quale poi non si riconoscono. Rincorrono disperatamente lo stereotipo di una perfezione fasulla, impossibile e illusoria. Quello che manca ai giovani è l’amor proprio. Chi comunica deve traslare conoscenze e saperle orientare. Nell’educazione come nella comunicazione deve esserci etica ed è necessario trasmettere i valori come la felicità».

In collegamento da Roma Elisa Di Francisca ha raccontato quanto sia stato importante nella sua esperienza lo sport che salva la vita. Prima di lei l’ex Miss Italia Martina Colombari ha sottolineato l’importanza di imparare ad accettare se stessi e non i modelli imposti dalle mode.

A seguire l’intervento del neuro scienziato e giornalista Andrea Casadio, che ha ricordato quanto «l’ambiente familiare e le relazioni genitoriali possono determinare la patogenesi dei disturbi alimentari».

Andrea Casadio, che insieme a Leonardo Mendolicchio ha firmato la regia della docuserie di RaiTre Fame d’amore, ha sottolineato la differenza di approcci terapeutici tra il modello anglosassone e quello italiano.

«Nel primo caso la sanità privata prende in cura tutto il nucleo familiare del paziente. La disastrosa condizione della sanità pubblica italiana, invece, dovrebbe mettere tutti in guardia sulle effettive competenze di certi professionisti in molte realtà che ho conosciuto sul territorio nazionale».

In conclusione, la testimonianza dell’attrice e produttrice teatrale Paola Giorgi che ha raccontato la sua battaglia contro l’anoressia e di come la passione per il teatro e l’attaccamento alla vita siano riuscite a farla guarire

Iscra Bini

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