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JESI Giacomo, jesino in Spagna: «Misure come in Italia, timori per l’economia»
12 Aprile 2020
Emergenza Covid-19: Cingolani lavora in una grande residenza per senzatetto: «Anche qui gli anziani i più colpiti»
JESI, 12 aprile 2020 – Lockdown fino a dopo Pasqua e timori sul futuro. La Spagna ha un tasso di deceduti da Covid-19 per milione di abitanti più alto del mondo: nei primi giorni di aprile in sole 24 ore ha registrato un nuovo drammatico aumento nei decessi per il coronavirus che sono stati 950.
Giacomo Cingolani è jesino, vive e lavora a Barcellona da diversi anni.
All’inizio dell’emergenza hai pensato di tornare?
«Sì, ma qui lavoro e non sapendo quando sarei potuto rientrare ho deciso di posticipare il rientro a Jesi per maggio prossimo, se sarà possibile. Sono tornato a casa l’ultima volta lo scorso Natale».
Che tipo di misure sta adottando lo Stato per la situazione iberica?
«Misure fotocopia a quelle adottate in Italia. Secondo me la “fortuna” per molti Paesi è che l’Italia si è già mossa, mostrando la strada più sicura da intraprendere: qui le fabbriche sono state chiuse già alla prima settimana di contagi. In Cataluña tantissime persone sono state arrestate per non aver rispettato la quarantena, migliaia sono state denunciate: la gestione dell’emergenza è stata più severa perché hanno visto l’esempio di altri Paesi».
Nel nostro Paese i focolai più preoccupanti si sono registrati nelle residenze per anziani. Lì cosa succede?
«Anche qui le strutture che ospitano anziani sono le più colpite: finché i contagi non cesseranno sarà la popolazione più vulnerabile a pagare il prezzo più alto».
Per dopo la Pasqua quali misure sono state prese?
«Le fabbriche riprenderanno a lavorare mentre locali e ristoranti rimarranno chiusi. Si teme però che il contagio possa riprendere e che ne seguirà una crisi economica peggiore di quella del 2008. In generale si respira un certo pessimismo: nei quartieri ci sono dei sindacati molto forti che hanno aiutato tante persone, rimaste senza casa dopo la crisi del 2008, e che ora stanno portando pasti e medicinali a domicilio. Adesso si parla di sciopero degli affitti e mobilitazioni per il diritto alla casa».
Giacomo lavora dal 2014 in una residenza per senzatetto, la seconda più grande del Paese. Centoventi posti letto.
Che situazione c’è dove lavori?
«Ci sono misure di confinamento anche qui dove vivono persone molto diverse tra loro, per origini e cultura. Devo dire che riescono a convivere senza entrare in conflitto: tutti all’interno della struttura ce la stiamo mettendo tutta per evitare i conflitti».
Anche in Cataluña l’istruzione procede con la didattica a distanza e le chiese sono chiuse: «In Andalusia sono state annullate tutte le manifestazioni pasquali che sono tra le più partecipate del Paese».
Tra le abitudini anche quella di darsi appuntamento in terrazzo, alle 20 circa, per battere le mani agli operatori sanitari: «Sembra che le strutture stiano respirando in questo momento, anche perché è stata fatta una spesa pubblica importante in questo senso. Si teme molto una ricaduta».
Potrebbe essere messo l’obbligo di indossare le mascherine per tutte le uscite?
«Si dice che ne verranno date due a testa, mentre i tamponi saranno gestiti in base alle necessità del momento».
Eleonora Dottori
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