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Jesi Il canto de “La Macina” in mostra al Museo Stupor Mundi

Dal 25 luglio al 30 settembre, anche concerti, laboratori e proiezione di un documentario per celebrare il gruppo di canto popolare fondato da Gastone Pietrucci 

Jesi – Concerti, laboratori, un documentario e soprattutto una mostra che raccoglie quasi sessant’anni di attività: tutto per celebrare La Macina e il suo fondatore e leader Gastone Pietrucci.

Una lunga storia, quella raccontata in una mostra, dal titolo “Stanotte mi sognai – I canti de La Macina”, che rappresenta anzitutto un’occasione, come le tante iniziative collegate, non solo per restituire ma anche per continuare a proporre il ricchissimo patrimonio della tradizione e della cultura orale marchigiana del gruppo di ricerca e canto popolare.

Il progetto “Il canto popolare – Storia de La Macina” è stato ideato dalla società di comunicazione Linea B e finanziato grazie al bando unico Cultura 2023 della Regione Marche, presentato in partnership con La Macina aps e Rnb4Culture Srl, che gestisce il Museo dedicato a Federico II, scelto come location della mostra.

La presentazione delle iniziative, questa mattina nella struttura museale di Piazza Federico II, è avvenuta alla presenza di Gastone Pietrucci, del curatore della mostra Roberto Gigli, dei soci di Linea B Andrea Antolini e Alessandro Tarabelli, della direttrice del Museo Stupor Mundi, Lucia Basili, e di Emanuele Marcotullio, dello studio Pla/Studio, che ha curato l’allestimento. 

I rappresentanti di Linea B Antolini e Tarabelli hanno spiegato come «il nostro lavoro su La Macina, dal documentario con intervista a Gastone e ad alcuni dei suoi collaboratori storici, fino alla mostra, che sarà inaugurata giovedì 25 luglio alle ore 12, inizia dall’incontro con l’attore Filippo Paolasini, amico e collaboratore di Pietrucci. Un paio di anni fa è venuto da noi proponendoci di fare un documentario su La Macina: un’idea che abbiamo accolto con entusiasmo e su cui abbiamo iniziato subito a lavorare, intervistando Gastone, facendo riprese al concerto al Teatro Pergolesi nel dicembre 2022, quello per festeggiare l’80esimo compleanno di Gastone, e iniziando a raccogliere anche altre interviste di personaggi chiave nella promozione della cultura popolare. Quando è uscito il bando unico cultura della Regione Marche del 2023 abbiamo pensato di inserire il nostro racconto filmico all’interno di un racconto più ampio, più completo e più immersivo che solo un evento espositivo poteva garantire». 

La mostra “Stanotte mi sognai – I canti de La Macina in mostra” è stata affidata alla curatela di Roberto Gigli

«Il percorso espositivo – spiega – è pensato attingendo ai cicli millenari della natura. Una sorta di cerchio della vita in quattro ambienti come le stagioni, simboleggiate dall’albero, vero e proprio totem della civiltà contadina e popolare. Abbiamo denominato le sale Radici, Rami e foglie, Alberi del canto e Semi. Si comincia nel primo ambiente da Radici, con la rappresentazione di una povera casa contadina, e dal rapporto simbiotico con la terra, da cui tutto nasce e si diparte, per approdare a Rami e Foglie, stanza successiva, dedicata alla ricerca etnografica e storico-musicale de La Macina con l’evoluzione del gruppo, le versioni musicali, mutate anch’esse nel tempo, i lavori discografici e le collaborazioni con grandi interpreti e rappresentanti della cultura folk e popolare. Tutto questo è stato reso possibile dalla costanza e dall’incredibile ricerca svolta negli anni da Gastone Pietrucci che solo grazie alla testimonianza degli informatori, anziani portatori delle tradizioni orali, dei canti di lavoro delle filande, di quelli di festa o di questua, ha reso possibile il prezioso recupero».

«La terza stanza è dedicata a loro: gli informatori. Si chiama Alberi del canto, una magistrale definizione del critico musicale Guido Festinese che abbiamo ripreso. Qui si raccontano personaggi e volti attraverso testi, brani musicali, materiali fotografici e interviste video. L’ultimo ambiente è denominato Semi, è quello che chiude e apre il percorso per dare nuova linfa al ciclo, nuove piante e radici. A disposizione del pubblico, infatti, c’è un box di registrazione riservato dove lasciare, così come la visita ci suggerisce di fare, un nostro contributo audio: un pensiero, una filastrocca che ci ritorna alla mente, il racconto di una nonna, un semplice saluto, comunque quello che si vuole. Il materiale sarà salvato, come testimonianza della partecipazione dei visitatori. È un modo per rendere ancor più vivo il lascito di cultura popolare dei contadini, delle filandare, la ricerca de La Macina, i canti e i ricordi degli informatori ormai scomparsi».

Per Gastone Pietrucci è un sogno che si realizza.

«Sono come incredulo che un artista non venga gratificato dopo la morte – osserva con un tono più ironico che polemico – ma possa essere testimone di un’iniziativa che rappresenta un riconoscimento di un lungo percorso professionale, di ricerca e di sperimentazione. Tutto questo mi emoziona e mi fa esprimere profonda gratitudine verso tutti coloro che hanno lavorato a questo progetto un po’ folle. È un grande onore, che spero di meritare. D’altronde i componenti de La Macina ed io siamo sul territorio da quasi sessant’anni ma nulla è scontato, e siamo orgogliosi dell’attenzione che ci è stata riservata con una proposta culturale, attraverso la mostra e le iniziative collegate, di così elevato spessore e qualità». 

La Macina

La Macina è il più importante gruppo di ricerca e canto popolare marchigiano, il più rappresentativo delle tradizioni musicali marchigiane. Il suo leader, Gastone Pietrucci, etnomusicologo e ricercatore sul campo, fonda e dirige il gruppo nel 1968 e, grazie a esso, nei decenni successivi è riuscito ad animare il folk-revival italiano, quello marchigiano nello specifico. Il gruppo vanta decine di pubblicazioni scientifiche di ricerca e di recupero della memoria storica della regione attraverso la raccolta dei canti popolari che, forse inconsapevolmente, raccontano la storia di un popolo e di un territorio. Oltre alla produzione discografica, Pietrucci e La Macina hanno pubblicato diversi volumi scientifici sul tema e hanno ideato e curato rassegne annuali della “Pasquella”, della “Passione”, del “Cantamaggio” e “Rogo in piazza dell’Albero del Maggio”, dello “Scacciamarzo” e del Monsano Folk Festival, di “Aspettando il Maggio” e dell’Esino Festival. 

“Stanotte mi sognai – I canti de La Macina in mostra” restituirà ai suoi visitatori i risultati di questa ricerca portata avanti da Pietrucci da più di mezzo secolo, con diversi strumenti e diversi prodotti, perlopiù audiovisivi. 

La mostra – “Stanotte mi sognai – I canti de La Macina in mostra”

In mostra ci sarà la possibilità di ascoltare le registrazioni originali delle testimonianze che hanno permesso al gruppo di recuperare i canti, ci saranno le foto e le locandine degli spettacoli del gruppo, ma soprattutto ci sarà una raccolta di testimonianze audiovisive con interviste ai componenti del gruppo, ai collaboratori, fino ad arrivare a personaggi di richiamo nazionale del calibro di Moni Ovadia, Rossana Casale, Filippo Paolasini, Marino Severini, Sandro Severini, Adriano Taborro

Queste interviste, proposte nello spazio espositivo in versione integrale in forma di qrcode e di trailer lungo (10/12 minuti) all’interno della mostra, andranno a confluire in un film documentario ideato e prodotto dalla casa di produzione cinematografica Subwaylab, che vanta film e documentari distribuiti sui principali broadcast nazionali e internazionali. La cultura orale è paradigma dell’evoluzione della società, di come la tradizione riesca sempre a passare di generazione in generazione sapendosi adattare alla contemporaneità. 

«Viviamo un’epoca in cui, grazie alla tecnologia, è possibile fissare la memoria. Il paradosso – sottolineano ancora Antolini e Tarabelli – è che a queste possibilità non sempre corrisponde la capacità di propagare la memoria popolare alle nuove generazioni. Difendere non equivale a diffondere. Gastone Pietrucci è innegabilmente uno degli ultimi testimoni della cultura popolare legata al canto e al racconto: la sua attività di ricercatore, attraverso una rete di informatori di origini contadine prima, diventati poi metalmezzadri con l’industrializzazione, ha riportato alla luce canti apparentemente perduti. Il canzoniere de La Macina ha fissato questi canti in decine di produzioni discografiche, fruibili da chiunque: perché una mostra quindi? Perché dietro a ogni canto si cela un patrimonio di memorie che uniscono territori lontani e contemporaneamente ne sanno raccontare l’unicità: basti pensare alle innumerevoli versioni di uno stesso canto, che ogni informatore definiva vero, originale, e che l’attività discografica inevitabilmente semplifica dovendola fissare su un supporto. Per molte generazioni i canti folclorici erano il modo in cui una classe sociale rappresentava se stessa. L’emancipazione dalla visione da piccolo mondo antico della provincia italiana passa anche attraverso la trasmissione di racconti cantati che parlavano di amore, di lavoro, delle condizioni di vita tra campagna e fabbrica. La mostra, quindi, ha il compito di mettere a disposizione dei visitatori il vasto archivio frutto del lavoro di ricerca di Gastone Pietrucci e de La Macina, per far rivivere al pubblico le radici di un territorio e far sì che contribuiscano alla creazione di un’identità collettiva».

Ma non solo. La mostra trarrà nuova linfa e instaurerà un dialogo continuo con i visitatori grazie anche alle iniziative collegate, come i concerti e i laboratori dell’attore e autore Pietro Piva

«Il laboratorio – spiegano Antolini e Tarabelli – consiste in un lavoro di “traduzione sonora” dei testi dei brani, un vero e proprio momento di ricerca artistica di attenzione al suono. I partecipanti potranno sperimentare un processo di creazione sonora partendo dai versi del brano musicale senza snaturarli: dopo averli letti e presi in esame si potrà proporre un proprio percorso, cercando di tradurre in suoni le parole appena lette. Si potrà procedere per onomatopea, analogia, in maniera puramente evocativa o per associazione libera». 

Nel laboratorio curato da Pietro Piva, dunque, l’attore guiderà i partecipanti nella lettura e nel processo creativo, il musicista lo assisterà nell’indagine sonora, accostando alle richieste del partecipante suoni ambientali, tappeti sonori, ritmi. Un’operazione sinestetica che ricorda alcuni esperimenti futuristi, rigorosamente libera pur nel rispetto del componimento di partenza, costituendo una traduzione in un’altra lingua. Durante l’incontro verranno registrate anche le letture, che insieme alle partiture sonore, trattate ed editate a comporre un mosaico, formeranno un Album di tracce da ascoltare.

La mostra “Stanotte mi sognai – I canti de La Macina” sarà inaugurata giovedì 25 luglio, alle ore 12, nella sede del Museo Stupor Mundi. 

La domenica precedente l’apertura, il 21 luglio ore 18,30, nel cortile del Museo Stupor Mundi, ci sarà la ⁠presentazione del laboratorio dell’attore e autore Pietro Piva, con un intervento musicale de La Macina. Sono previsti altri appuntamenti con Piva e con il gruppo di Gastone Pietrucci nei due mesi di apertura della mostra, che sarà visitabile fino al 30 settembre.

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