Cronaca
Jesi La fiaccolata nel ricordo di Andreea, «lei vive in tutti noi»
La partenza dall’arco Clementino nel silenzio della sera, le tre soste per ricordarla, il momento di preghiera in cattedrale della mamma
12 Marzo 2024
Jesi – Le fiaccole bianche accese, le foto di Andreea appoggiate sul petto. La gente, gli amici arrivano. Qualcuno si stringe alla mamma Georgeta, l’abbraccia. Difficile trattenere le lacrime.
Sono qui per ricordarla, per ricordare una ragazza di 27 anni scomparsa proprio 2 anni fa, e ritrovata come nessuno mai avrebbe voluto, in un casolare, il 20 gennaio scorso. La fine di una speranza, l’inizio di un cammino, doloroso, verso Verità e Giustizia per Andreea, come recita l’eloquente striscione che apre il corteo.
Corteo partito poco dopo le 21, nel silenzio e nel raccoglimento, subito dietro lo striscione, la mamma, fiaccola in mano e la foto di Andreea sul petto, vicino al cuore, quel cuore che non ha mai smesso di amarla.
Prima sosta in Piazza Pergolesi, la mamma, commossa, ha ringraziato tutti, «grazie di cuore per essere qui, lei vive in tutti noi».
Marzia Pennisi conosceva Andry da quando era in Italia.
«L’abbiamo amata, era una grande allegria per noi». E ha letto un breve ma intenso ricordo scritto da un altro amico, Alessandro Morbidelli.
«A volte bisogna sospendere l’incredulità. Lo facciamo quando ci troviamo di fronte a qualcosa di assurdo, a qualcosa che non riusciamo a concepire, nemmeno a immaginare. Sospendiamo l’incredulità e decidiamo di accettare l’inconcepibile per un unico motivo: perché solo così possiamo capire, solo così possiamo sapere. Solo osservando qualcosa di impossibile possiamo renderci conto che a volte l’impossibile accade. Impossibile è che Andreea non ci sia più. Impossibile è accettare un mondo in cui manchi il suo sorriso generoso, quello che destinava a tutti, specchio di un cuore profondo e complicato, che era facile afferrare, facilissimo sfruttare. Se poi in questo cuore avevi la possibilità di rimanere, allora trovavi un posto sicuro, una casa per sempre. Impossibile è non ricordare la sincerità di una ragazza che non le mandava a dire, che non aveva paura di niente e di nessuno, che non temeva di farsi sentire, rumorosa, che non temeva di farsi vedere, colorata. Impossibile è non scorgere più con la coda dell’occhio l’eco dei suoi movimenti, siano questi tra i tavoli di un locale, o a correre dietro ai cani che amava. Impossibile è non rimanere più rapiti dal mondo magico che Andreea rappresentava con un cappello con le orecchie, con un tatuaggio meraviglioso, con uno zainetto a forma di unicorno, l’animale fantastico che andava ricercando in continuazione, simbolo di libertà e di fantasia».
«Allora è questo quello che vogliamo fare: vogliamo credere all’impossibile,vogliamo credere agli unicorni. Perché credere significa anche pretendere che l’impossibile accada. Significa pretendere e ottenere che chi sa parli, che chi ha responsabilità paghi, che chi ha il dovere di rendere il mondo un posto migliore non si limiti a notare, ma agisca con decisione e senza tentennamenti, perché non esistono disegni più grandi di una singola vita. Accettiamo l’impossibile, siamo disposti a credere ancora che ci sarà giustizia. Siamo disposti a sospendere l’incredulità e a capire, a sapere, a dire con coraggio e con ostinazione sì, noi crediamo agli unicorni».
Il sindaco Lorenzo Fiordelmondo è intervenuto nella seconda sosta, in Piazza della Repubblica.
«Questa città condivide vicinanza e affetto per la mamma e per Andreea. Voglio ringraziare anche io i tanti che sono qui a condividere questo dolore diffuso che si manifesta al di là di quello personale. Un dolore legato all’incertezza del tempo, troppo, speriamo che il tempo ci dia verità e giustizia. Ho incontrato Andreea nel pub dove lavorava, aveva una magia empatica. Raccogliamo quella magia, seguiamo quell’unicorno che portava con sè».
Il parroco don Claudio Procicchiani, davanti alla cattedrale, nella terza sosta in Piazza Federico II ha espresso parole rivolte ai giovani presenti, come giovane era Andreea.
«Siete meravigliosi, tirate fuori lo spirito di servizio e la voglia di rinnovare il mondo. Noi adulti dobbiamo aiutarvi a farvi fiorire. Siete esplosioni di gioia e di grazia».
Poi, come voluto anche dalla mamma, c’è stato un momento in chiesa, «per metterci davanti alla Madre di Dio, per chiedere la pace nel cuore, il sostegno in questo cammino».
Mamma Georgeta si è inginocchiata davanti all’immagine della Madonna, in preghiera con don Claudio che, poi, l’ha teneramente accarezzata sulla testa.
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