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JESI Miglior regia per la jesina Federica Biondi al festival “Mirabilia” di Torino
26 Gennaio 2021
Ha vinto con il suo corto “Alla fine della nuvola”, nato da alcuni fatti realmente accaduti e prodotto dal Centro Studi Piero Calamandrei
JESI, 26 gennaio 2021 – Federica Biondi, regista, di Jesi. È lei che ha portato a casa domenica notte il premio come migliore regia al Mirabilia International Film Awards di Torino, con il suo “corto” intitolato “Alla fine della nuvola”, prodotto dal Centro Studi Piero Calamandrei di Jesi, il cui presidente è Gianfranco Berti. Era il giusto momento di un alloro così significativo, Federica è un’ottima regista, attenta a tutto quello che di sociale ci accade intorno e modifica, volendo, le nostre vite. Il film muove da varie motivazioni.
«Il film è nato da alcuni fatti realmente accaduti – ci aveva detto Berti in una recente intervista – nel primo, una signora invita un giovane di colore emaciato che chiedeva l’elemosina, a pranzo a casa sua e quando sta per andarsene, lei e la sua famiglia gli chiedono il nome e dove poterlo trovare, per invitarlo magari un’altra volta. Lui, senza dire nulla, mostra loro un braccialetto con una targhetta. L’altro è accaduto ad un prete a Genova, a ridosso di un Natale. Dopo aver letto il vangelo di Marco che parla di umanità e di solidarietà, improvvisamente sbotta verso i fedeli e dice che ormai il Natale ha perso l’umanità e lo spirito di fratellanza, i fatti delle navi, con a bordo centinaia di migranti, respinte dai nostri porti erano troppo recenti per non averlo colpito. E conclude che siamo buoni solo “a comando”, nelle feste mostriamo la nostra ipocrisia e così decide di chiudere la chiesa per Natale e riaprirla per l’Epifania, affiggendo un cartello sul portone con scritto “Chiuso per fallimento” ».
«Un gesto fortissimo. L’ultimo episodio si riferisce alla difesa di Pietro Calamandrei (interpretato da D’Orsi) a Danilo Dolci, arrestato il 2 febbraio 1956 per aver promosso e capeggiato una manifestazione di protesta contro le autorità che non avevano provveduto a dar lavoro ai disoccupati della zona, così che lui ha indotto un certo numero di questi a iniziare lavori di sterramento e di assestamento in una vecchia strada comunale abbandonata, nei pressi di Palermo, per dimostrare che non mancavano né la volontà di lavorare né opere socialmente utili da intraprendere in beneficio della comunità».
Durante la serata che ho seguito su youtube, si è capito dell’ottimo lavoro collettivo. Del dottor Gianfranco Berti, che ha costruito una storia emblematica, di don Giuliano Fiorentini, straordinario e sanguigno prete nel film ed anche prete nella vita, una grande interpretazione, la sua, Gianfranco Frelli, con la sua scuola di recitazione e la sua presenza nel film, il professor Angelo D’Orsi, uno dei maggiori storici italiani, che interpretava Calamandrei.
«Certo, debbo ringraziare tutti gli “attori principali” – sottolinea Federica Biondi – che spesso hanno dato anche più di quanto chiedessi loro durante la lavorazione, ma anche tutta la troupe, che è stata felicissima del premio, il nostro è stato un lavoro collettivo, se ci pensi, fra attori, comparse e tecnici, erano tutti personaggi in un modo o nell’altro legati alla cultura ed al teatro, in particolare».
Come definisci il film, di impegno sociale, morale, di ricerca della libertà e dell’uguaglianza interraziale?
«Esattamente così ma è anche un film di passioni, che arrivano dal personaggio “Calamandrei”, dai suoi valori etici, dalla sua umanità, che ha portato anche nella politica, cosa di cui abbiamo parlato a lungo con la giuria del premio. Una umanità che oggi probabilmente manca, quella che ti permette di condividere più valori di impegno civile. Nel film appaiono sentimenti di cui oggi si sente la mancanza, ed è per questo che forse sta facendo tanto successo. Il film ha un’impronta didattica, pedagogica, ha girato per decine di scuole dal 2018 fino a quando ha potuto, creando dibattiti e prese di coscienza in moltissimi studenti. Berti aveva espresso l’idea di aprire una strada di comunicazione con le nuove generazioni, proprio come faceva Calamandrei. Piano piano la distribuzione, la Premiére film, ci ha inserito in un circuito di festival del corto che, visto il successo di domenica, fa ben sperare»..
Cosa si prova sentire oggi la voce, leggere gli scritti, il pensiero di Calamandrei?
«Ho provato una carica passionale molto coinvolgente, che ho cercato di trasmettere a chi doveva interpretarlo, che muove alle azioni, il principio che spinge il Centro Studi Calamandrei, che contrastano l’immobilismo attuale, e il piacere che ho avuto al premio, nel sentire gli organizzatori che hanno detto che c’è bisogno di film di questo tipo, portatori di valori tanto semplici quanto difficili da trovare oggi, in una comunicazione diretta e spontanea».
Giovanni Filosa
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