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JESI Nè eroi, nè angeli: vita e speranza da Oss in tempo di pandemia
5 Settembre 2021
Annalisa Strappini e il personale del “Carlo Urbani” hanno raccontato i giorni della prima ondata: «Malattia terribile che ti porta sul filo della vita»
JESI, 5 settembre 2021 – La prima a raccontare l’esperienza del Covid all’ospedale cittadino è Carla Pistola, anche lei Oss e autrice del dipinto in copertina del libro “Non chiamatemi eroe, né angelo bianco” di Annalisa Strappini, presentato venerdì scorso in biblioteca: non nasconde l’emozione, come molti che hanno parlato dopo di lei, ricordando il “caos, stavano smantellando tutto il reparto ortopedia”, in quel primo giorno di emergenza conclamata, a marzo 2020.
Anche in chi non ha mai dovuto trovarsi nel mezzo di un’emergenza, le sue parole colpiscono, come un”esplosione, pure a distanza di un anno.
All’incontro, moderato da Beatrice Testadiferro e patrocinato dal Comune di Jesi, svoltosi alla Planettiana, hanno preso parte e raccontato la loro esperienza altri operatori sanitari del reparto Covid come il dottor Mauro Braconi e l’infermiera Irene Ricci, pazienti come don Giuseppe Quagliani o Franco Pesarrei, nella veste di vice presidente della onlus Vallesina Aiuta, ricordando la tanta solidarietà che si è manifestata in quei giorni.
Presente anche l’assessore Marialuisa Quaglieri, la quale più che in virtù della sua delega alla Sanità cittadina, ha portato anche lei la sua esperienza di quei giorni di primo lockdown e dello smarrimento che si provava nel vedere la città vuota.
«Non dobbiamo fare in modo di ripercorrere gli stessi, dolorosi passi, perché è stato faticoso, per tutti», ha esortato l’assessore.
«Una guerra invisibile contro un nemico invisibile», ha definito Carla Strappini questa esperienza:
«Alle 8.30 sono arrivati i primi pazienti: smarriti, spaventati e disorientati, non solo per gli effetti del Covid, alcuni giovani, altri meno giovani. Molti sono stati intubati, alcuni non si sono più risvegliati…».
E a questo punto Carla non riesce a contenere le emozioni.
«Smarrimento, paura, forte impatto», sono le tre parole con le quali la Oss-pittrice riassume le sensazioni che hanno accomunato tutti, operatori sanitari e pazienti:
«Stando in un reparto Covid, si comincia da subito a temere di portare il virus a casa e allora devi isolarti: stavo in camera mia e andavo negli spazi comuni solo quando la famiglia non c’era», racconta, richiamando ricordi analoghi anche nei tanti che hanno dovuto adottare queste cautele, anche solo avendo un convivente in quarantena.
«No, non siete stati angeli», ha commentato al termine della sua testimonianza di paziente ricoverato all’Urbani don Giuseppe Quagliani, «ma siete stati la manifestazione di Dio!».
«Misericordia, compassione e fede», sono il distillato dell’esperienza Covid per il dottor Braconi, che definisce «bellissima, profonda, intensa, irrinunciabile. Vedendo quello che succedeva nei mesi precedenti, a fine 2019 e leggendo i dati che venivano dalla Cina, molti di noi avevano fatto testamento. Poi è arrivata anche da noi la prima ondata…».
«Ma questa temibile esperienza ha anche ricordato a tutti che, al di là delle tante brutture che vediamo ogni giorno, esiste anche un mondo fatto di persone che giustifica la lotta che stiamo conducendo».
«Ma questa temibile esperienza ha anche ricordato a tutti che, al di là delle tante brutture che vediamo ogni giorno, esiste anche un mondo fatto di persone che giustifica la lotta che stiamo conducendo».
«Non chiamatemi eroe, né angelo bianco» scaturisce dal diario che Annalisa Strappini ha cominciato a scrivere in quei primi giorni di epidemia.
«Perchè scrivere un diario oggi? È stata una valvola di sfogo a tanta pressione emotiva, ho preso carta e penna e ho trascritto quelle emozioni – racconta – e tra tutte quelle emozioni, dolorose, terribili, strazianti, ho sempre sentito, dai pazienti, dagli operatori, una grande speranza, che non è mai venuta a mancare, nemmeno nei momenti più bui».
“Gli abbracci” è il titolo del dipinto di Carla Pistola che appare in copertina del libro: «Mani che si intrecciano, «perchè abbiamo capito tutti – spiega Annalisa – che bisogna fare squadra, unire le forze di tutti, per il benessere del paziente. Un’immagine che rappresenta molto bene il nostro percorso in quei giorni».
Il volume ha riportato la cronaca emotiva di quei giorni, dal punto di vista degli operatori sanitari; ora Annalisa sta proseguendo a scrivere, con riflessioni, storie ed esperienze dal punto di vista dei pazienti: a breve una raccolta di poesie e, rivela, forse il secondo libro il prossimo anno.
Annalisa Strappini ha chiuso la serata ricordando che «non si tratta di essere pro o no vax: oggi, a un anno di distanza dai quel primo drammatico impatto, si sta perdendo di vista cosa si rischia prendendo il Covid, una malattia terribile che ti porta al limite della vita».
(m.g.)
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