Cronaca
JESI Riaperture col freno, baristi e ristoratori preoccupati
26 Aprile 2021
Amare constatazioni nonostante la ripresa odierna e dubbi: tante spese fisse e l’asporto compensa poco
JESI, 26 aprile 2021 – Tempi stretti per gli esercenti della ristorazione in città: tra l’ovvio calo dei fatturati e gli aiuti non sufficienti a compensare, il tempo sta scadendo per molti, tanto che alla fine dell’emergenza sanitaria diversi saranno i locali che non riapriranno più.
È l’amara constatazione di Alessandro Coen, del Caffè 91 di via Sanzio: «Una situazione tragicomica che genera confusione in tutti – spiega Coen -, anche nei clienti, che pensano che da lunedì si torni alla normalità, a poter consumare il caffè al banco. E invece, ci tocca spiegare che la situazione è diversa e per giunta fare anche da controllori. Ho preso in gestione bar per fare il barista, non il vigile!».
«Gli aiuti non arrivano ancora – prosegue – e oggi per molti non ha nemmeno senso aprire e infatti molti baristi rimangono chiusi anche quando sono permesse le aperture. Per noi, avere anche la rivendita tabacchi aiuta, ma non compensa, nemmeno lontanamente».
Oltre il danno la beffa: «Per un caffè da asporto ci hanno espressamente ribadito più volte che va applicata l’Iva al 22%, non al 10 come al banco. Su un prodotto da 1 euro! E la tassa di occupazione del suolo pubblico sospesa, beh, ci mancherebbe pure che dovessimo pagare pur stando chiusi!».
Costi fissi di gestione pressoché invariati, ma con cali pesantissimi nei fatturati sembrano essere il nodo da sciogliere, mentre gli aiuti pubblici, anche quelli approvati e riconosciuti, tardano ad arrivare e non si ha una tempistica. E confondono molto le contraddizioni: Marcello Allegrini, del ristorante Gatto Matto (foto in primo piano) rileva la sovrapposizione delle misure imposte, come aperture permesse per certe attività non certo essenziali «mentre per sostituire un tubo dell’acqua, l’altro giorno non ho potuto acquistarlo perché considerato articolo di “giardinaggio”, quindi non essenziale, e il reparto era transennato dal ferramenta – racconta Allegrini. – Oppure il poter ora aprire solo per i tavoli all’aperto, senza pensare che se per caso piovesse…».
Servirebbe un sostegno, almeno per coprire le spese fisse, rileva Allegrini: «Sarebbe il vero aiuto. Basti pensare che il Gatto Matto, con la limitazione al solo asporto, ha visto ridotto del 70% il fatturato. Per far fronte alle spese fisse, in un anno di emergenza Covid abbiamo chiesto già due finanziamenti. E solo perché la nostra situazione precedente era bancabile: per chi ha avuto un 2019 debole, come avrebbe potuto fare?».
Il nodo dei costi fissi, le utenze in particolare, sono il nervo più scoperto per tutti.
«Ci sarebbe bisogno di aiuti, ormai è impossibile negarlo. Che siano finanziamenti o agevolazioni ulteriori, come abbattimento della tassa di occupazione del suolo pubblico o contributi per le utenze», dice Anna Girleanu, del Il Giardino del Gusto in via Sauro.
«Ad esempio – spiega – un locale come il nostro, che definirei un semi-ristorante, ha consumi consistenti anche se resta chiuso. Oltretutto, noi abbiamo aperto alla fine del 2019 e certo un lockdown nei primi mesi di attività non era preventivato». Una situazione che per ora non dà segni di ripresa.
«Da novembre – prosegue – il calo per il nostro settore è stato pesante. Noi, per quanto possibile, abbiamo compensato come fiorista e, per la nostra posizione, abbiamo potuto mettere tavoli all’esterno, che almeno nei mesi estivi, prima delle nuove restrizioni, hanno aiutato molto».
Anche per nomi storici la situazione non differisce molto: Gabriele Coretti, della pizzeria Viale 73, la definisce «critica, perché col solo asporto si fa poco. E i costi delle utenze rimangono invariati: abbiamo un contatore da 50 Kw che minimo genera una bolletta da 1.200 euro al mese, accendere il forno per una pizza o per 100 ha lo stesso consumo. Lo stesso dicasi per il canone Rai della tv del ristorante, che paghiamo anche se è chiuso da mes».
A margine, il lato umano del mestiere del ristoratore: «Manca la socialità di questo lavoro – ammette Coretti -, manca il poter vedere la gente, quel rapporto umano che ora non c’è più. E vedo che questo lo soffrono anche i giovani: sta diventando una situazione grave non solo economicamente, ma anche psicologicamente. E una volta che saremo tornati alla normalità, quando si riabituerà la gente a godere di una serata fuori casa? È questa la vera incognita futura».
Max Giorgi
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