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JESI SARATHY KORWAR, IL MIGRANTE DELLE SETTE NOTE: CONCERTO AL TNT E WORKSHOP

JESI, 14 febbraio 2017Sarathy Korwar trio di scena venerdì 17 febbraio prossimo ospite dello spazio comune autogestito (Sca) Tnt di via Gallodoro 68 ter, per un concerto in programma alle ore 22.30.

Il giorno dopo, sabato 18, “Ritmi indiani e composizione musicale multietnica“, workshop al complesso di San Floriano, in piazza Federico II, dalle ore 10.30.

Sarathy Korwar è un compositore e percussionista nato negli Usa ma cresciuto in India e ora residente a Londra, ha conosciuto in prima persona gli effetti culturali della migrazione e il suo esordio discografico Day to day – pubblicato dalla prestigiosa Ninja Tune nel luglio 2016, non potrebbe essere più appropriato come risposta all’attuale clima di sospetto e chiusura verso il concetto stesso di migrazione.

Il trio è composto da lui, che suona batteria e tabla, Al Mc Sween tastiere, Tamar Osborne sax baritono e flauto.

Dopo aver conseguito nel 2011 una laurea in culture orientali ed africane – con particolare attenzione agli adattamenti ritmici della tradizione popolare indiana – l’abile suonatore di tabla classica e drum-kit si è reso partecipe negli anni a seguire di numerose performance al fianco di grosse firme del panorama jazz internazionale (tra gli altri Karl Berger ed Ingrid Sertso).

Tutto ciò ha consentito a Korwar di salire alla ribalta ricevendo ambiti premi musicali – tra i quali il Rajshekhar Parikh Fellowship come promessa del panorama musicale indiano – nonché l’assoluto privilegio di una esibizione al cospetto del Dalai Lama alla Royal Opera House di Londra.
Il suo album d’esordio è un meticoloso studio sulla contaminazione sonora. Dopo aver trascorso un lungo periodo a contatto con la comunità migrante Siddi dell’India meridionale (che partecipa con cori ipnotici ad alcune composizioni del progetto) Korwar rilascia una significativa tracklist di nove brani fondendo la ripetitività dello stile devozionale dei canti sacri, i battiti tribali della poliritmica africana, linguaggio shawili, jazz e persino trame elettro. Atmosfere etno-folk in balia di fede ed improvvisazione, un lento avanzare di giorno in giorno tra i raggi di una speranza che si fa largo in un ilare pandemonio strumentale.

Non resta quindi che lasciarsi andare in questo ascolto avvolgente facendosi trasportare altrove, al di là dei confini fisici, come dei veri migranti delle sette note. Korwar ha le carte in regola per materializzare tutto ciò. Lui in fondo migrante lo è davvero.

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