Segui QdM Notizie

Eventi

JESI Simone Cristicchi entusiasma il Pergolesi

Quello che ha proposto non è stato un vero e proprio concerto, ma una chiacchierata concettuale “teatral poetico musicale” che ha coinvolto totalmente il pubblico

JESI, 13 settembre 2021Simone Cristicchi ha chiuso a Jesi, al Teatro Pergolesi, a cura della Fondazione Pergolesi Spontini , il suo tour (never ending come quello di Dylan, ti verrebbe da dire…) “Abbi cura di me”, col trio acustico composto da Riccardo Ciaramellari alle tastiere e fisarmonica, alla chitarra (anche buzuki) Riccardo Corso, al violoncello Giuseppe Tortora.

Quello che Simone ha proposto a Jesi non è stato un vero e proprio concerto, ma una chiacchierata concettuale teatral poetico musicale che ha coinvolto totalmente il pubblico. Ci voleva, era dai tempi di Gaber, col suo teatro canzone, che mancava in questa formula. Già, teatro canzone, non è una semplice alternanza di parole e musica su un palcoscenico (come dice lo scrittore e cantautore Eugenio Ripepi), ma è “una struttura intima, evocativa, che permea l’impegno e lo traduce in intrattenimento, chiamando una comunità attorno a un individuo, come nel teatro di narrazione, ma con la musica dentro e non, semplicemente, attorno”.  

Cristicchi sa bene cosa dire al pubblico che, nel giudicare l’artista, sbaglierebbe di grosso se pensasse a un figlio (nel mio caso) o ad un fratello che racconta la sua ricerca interiore con l’occhio fisso alle storture della quotidianità. Cristicchi non ama troppo il “vogliamoci bene”, ama il bene che è in noi, quando c’è, e ci stimola a tirarlo fuori, ad abbattere le barriere dell’apatia che questi nostri giorni soprattutto ci danno strani pruriti. Odio e amore, contrapposti come sempre, in un viaggio che è tutto tranne che una cavalcata sulla nostra quotidianità angolata dal lato ottimistico.

Cristicchi affonda il coltello nelle pieghe della nostra coscienza e nelle nostre piaghe. In quelle in cui ci muoviamo momento dopo momento, ci fa ricordare degli altri e non solo di noi stessi, ci stimola, alla fine, anche a cercare dentro di noi quell’Entità, quel Dio “che move il sole e l’altre stelle” ma che qualche volta sembra non ascoltarci.

Ma senza fare catechismo, un francescanesimo il suo che rischia agli occhi dell’ascoltatore non attento di esser definito di maniera. Coinvolge il pubblico, ricorda storie struggenti e quasi dimenticate, come quelle sul dramma dell’esodo istriano, giuliano e dalmata. I profughi che “l’Italia, la loro Italia, la nuova Italia uscita dalla guerra non voleva, non li amava e gli sputava addosso”.   

Da dove, Pola, proveniva Sergio Endrigo, un grande della musica che Cristicchi ha conosciuto bene e che scrisse “Io che amo solo te”, secondo Ennio Moricone (e c’è da credergli) la canzone d’amore italiana più bella di tutti i tempi. Simone l’ha fatta cantare al pubblico, ormai preso completamente dal via vai fra musica, parole e poesie dell’artista. E piccole frasi da altri capolavori di Endrigo.

Guest star la piccola e bravissima (diremmo: una professionista…) Anita Bartolomei, che ha trionfato alla 63esima edizione dello “Zecchino d’Oro” con il brano “Custodi del mondo”. Scritta per lei da Simone Cristicchi e Gabriele Ortenzi, è una canzone difficile da cantare, che parla della gioia di vivere e sorridere e della bellezza del nostro mondo.

Torniamo a bomba, Cristicchi ci ha raccontato di matti, di mala gestione dei rapporti umani, degli ultimi stimolando un Pergolesi gremito (entro i parametri Covid) che non voleva lasciarlo andar via. Un teatro intelligente, istrionico e riflessivo.

“Io credo che non sia la bellezza che salverà il mondo, ma siamo noi che dobbiamo salvare la bellezza. Credo che non bisogna cercare la felicità, ma solo proteggerla”.

Già. Applausi a non finire.

Giovanni Filosa

©RIPRODUZIONE RISERVATA

News

Questi contenuti sono realizzati dalla redazione di QdM Notizie.
Sei interessato a diffondere i nostri articoli o collaborare con noi?
Scrivici a [email protected]