Cronaca
Jesi Ucraina, l’assessore – reporter Alessandro Tesei nelle zone di guerra
24 Dicembre 2022
«Il popolo ucraino pronto a ricostruire, anche se il conflitto non è finito», il racconto dalle città devastate dall’invasione della Russia
di Tiziana Fenucci
Jesi, 24 dicembre 2022 – Porta a casa il coraggio, la caparbietà e la volontà di ricostruire del popolo ucraino l’assessore Alessandro Tesei di ritorno dai paesi dell’Ucraina, nei dintorni di Kiev, dove si è recato come reporter per documentare gli effetti della guerra con gli occhi degli abitanti delle città che hanno subito gli attacchi russi.
«Da tempo mi occupo di disastri ambientali e inquinamento radioattivo e sono stato più volte a Černobyl’. Ho diversi contatti in Ucraina e sono partito insieme al mio collega Pierpaolo Mittica, per recarmi nelle città che hanno subito la prima ondata di devastazione russa, come Buca, Hostomel, Ivankiv, Horenka, nei dintorni di Kiev, per capire come vive la gente adesso, molti di loro sono rimasti senza casa e senza lavoro, e cosa stanno facendo per ricostruire le cittadine».
«Ci siamo stupiti nel trovare un popolo dal grande spirito reattivo: di fronte a intere porzioni di città distrutte gli abitanti si sono già attivati per ricostruire, anche se la guerra non è finita. Ci sono centri commerciali, benzinai, che hanno già sistemato. Di fronte alla distruzione, gli ucraini non se ne sono andati anzi, sono rimasti, dandosi subito da fare. Certo, più complicata è la ricostruzione dei grandi palazzi da 15 piani che richiederanno un investimento più elevato in avanti».
«Noi abbiamo cercato di documentare la vita delle famiglie in mezzo alla devastazione, in tutte le fasi della giornata, a partire da quello che mangiano quando si alzano la mattina, dove lavorano, cosa fanno per ricostruire la città».
Alessandro Tesei ci racconta di una famiglia molto numerosa, con 8 figli e vari parenti e nipoti che avendo perso la casa a causa dei bombardamenti, ha cercato di allestire una sistemazione in una baracca e si sono inventati un nuovo lavoro.
Si recano ogni mattina nelle discariche dei materiali originati dall’esplosione dei palazzi e recuperano quelli che possono essere riutilizzati, soprattutto il vetro, che raccolgono e portano con la loro auto e un carrello rimediato, a una ditta che lo ricicla, così da ottenere una piccola somma di denaro utile per campare.
Ci parla anche del turismo di Černobyl‘ «che è andato distrutto per sempre – racconta -. Quell’area fa parte della prima avanzata russa nel territorio ucraino e durante la ritirata i militari hanno minato tutti i boschi dei dintorni. Luoghi incontaminati, meta turistica illegale, che ospitava non solo le visite dei turisti ma anche quelle degli abitanti che proprio in quei boschi andavano a raccogliere funghi, bacche e frutti di bosco. Alcuni ancora lo fanno, nonostante il pericolo di rimanere feriti dalle esplosioni o perdere addirittura la vita».
«Abbiamo intervistato un medico che ci ha raccontato dei numerosi casi di persone, mutilate dalle esplosioni, che arrivano in ospedale. Riuscire a disinnescare tutte le mine è un’operazione impossibile, quei luoghi sono ormai pericolosi e ci vorranno anni per ripulirli. Azioni del genere, da parte dei militari russi, vanno ben oltre l’attacco di guerra, significano distruggere completamente il territorio e la sua identità».
Ma la popolazione ucraina sta tirando fuori tutto il suo coraggio e l’attaccamento al territorio, sostenuta anche dalla rete di associazioni di volontariato che portano viveri, coperte, vestiti e legna e sono molto presenti.
«La risposta internazionale è stata potente e sono numerose le associazioni sparse sul territorio ucraino per portare aiuto alla popolazione – racconta l’assessore reporter -. Noi giornalisti siamo stati accolti con grande ospitalità e disponibilità, la gente ci tiene a far sapere cosa sta accadendo realmente. L’Ucraina ha guardato sempre all’Occidente per ciò che riguarda lo sviluppo socio culturale, ma con la guerra si è creato un grande senso di coesione tra le persone e un forte attaccamento al territorio».
«Un senso di solidarietà e aiuto reciproco che sono fondamentali adesso e lo saranno ancora di più per la ricostruzione dell’intero Paese quando la guerra sarà finita».
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