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Cronaca

JESI Via Roma, storia di un Circolo che ha fatto la Storia della città

Frequentatissimo da uomini e donne del quartiere, ci andava anche Valeria Moriconi: luogo di aggregazione e formazione politica

JESI, 5 agosto 2021 – Era all’inizio degli anni Cinquanta quando decine di «volenterosi compagni» hanno messo su, un mattone dopo l’altro, la sezione di via Roma: intitolata ai Martiri del XX giugno, quelli trucidati a Montecappone dai nazifascisti, è stata per tantissimi anni luogo di aggregazione e formazione politica. Questa, come la Casa del Popolo, di via Setificio, costruite dagli jesini (le immagini riguardano questa struttura).

Massimo Fiordelmondo

Attualmente chiuso per covid, il Circolo Arci intende riaprire con una nuova gestione ma è la storia della struttura a essere intrecciata con quella di un quartiere, via Roma, che ne ha riscattato la dignità.

Massimo Fiordelmondo ha vissuto in via Roma e frequentato la sezione sin da giovanissimo, anche come segretario.

Come era la vita della sezione?

«Tantissimi compagni che lavoravano fino al sabato come muratori, ramaioli, operai, il sabato pomeriggio venivano qui a farsi la doccia. All’epoca non c’era in tutte le case e la sezione forniva questo come altri servizi per la popolazione del quartiere: ricordo che arrivavano con una busta contenente i vestiti puliti. Qui c’era anche la televisione, altro mezzo che non c’era in tutte le case, e spesso si organizzavano serate di cinema».

La costruzione della Casa del Popolo di via Setificio

E via Roma?

«Era un quartiere povero. La sezione è sempre stata molto legata ai Martiri del XX giugno perché quei ragazzi, le loro famiglie e gli amici, abitavano qui e infatti poi è stata intitolata a loro. Negli anni Ottanta, infatti, la commorazione dei Martiri di Montecappone era organizzata dalla sezione di via Roma, poi con il sindaco Gabriele Fava fu istituzionalizzata».

La commemorazione dei Martiri di Montecappone

Per via Roma la sezione è stata un luogo di formazione politica oltre che di aggregazione: «Molti dei compagni dell’epoca si sono formati studiando i libri che erano custoditi qui: ricordo Primo Amici, vigile del fuoco, ex muratore che ha contribuito alla costruzione. La sezione ha fatto uscire via Roma dall’isolamento: nel tempo sono stati costruiti il campo Mosconi, le scuole, il viadotto di Monte Tabor che ha alleggerito il traffico su via Roma, e si sono formati compagni e compagne che hanno portato le istanze del quartiere in Comune».

La domenica mattina, come in ogni casa, era festa: «Incontri, congressi, pranzi: partecipavano anche Valeria Moriconi con il suo compagno. Tra le discussioni più importanti ricordo quelle sulla Smia, tanti compagni vi lavoravano e si battevano per condizioni dignitose. Ricordo anche la fine del Pci, molti compagni anziani l’hanno vissuta malissimo. Erano persone senza particolari titoli di studio impregnati di cultura comunista, avevano studiato nei volumi che custodiva la sezione».

Che significava essere comunista?

«Percepire e condividere esperienze, significava voler migliorare la vita degli ultimi e di chi non aveva niente: un riscatto sociale. Io a 15 anni già lavoravo, la gente povera era umiliata, non veniva tenuta in considerazione: intorno al partito crescevano con coraggio e convinzione, e senza istruzione, compagne e compagni che avevano a cuore i temi di questa parte della città. Gli iscritti erano 450, anche famiglie intere. Pochi avevano un’ideologia marxista ma tutti sapevano che la via del riscatto significava combattere e manifestare».

La commemorazione dei Martiri di Montecappone

Negli anni Sessanta anche le donne hanno fatto capolino nella vita politica. A Jesi chi ricordi?

«Quartina Ceccarelli, insegnante: fu assessora con Aroldo Cascia sindaco. Erano l’anima della sezione, organizzavano il prestito dei libri, si parlava di emancipazione e si davano da fare sino ad arrivare nei luoghi dove si decideva. I 30enni e 40enni di allora avevano vissuto il fascismo e partecipato alla Liberazione: erano tutti temprati da un forte senso di solidarietà. Da qui proviene quella classe politica che ha portato Jesi a crescere, operai specializzati venivano contesi dalle ditte del posto: una generazione sfortunata per quel che ha vissuto ma protagonista per la vita del Paese».

Contestualmente a via Roma, un’altra sede sorgeva in via Setificio: l’attuale Casa del Popolo.

«Qui c’erano una tipografia, cinema, tv, teatro e si ballava: era la casa di tutti in quell’altra parte di Jesi. Anche questa sede è stata costruita pezzo dopo pezzo: all’epoca si lavorava fino al sabato e la domenica si continuava per tirare su la sezione».

Eleonora Dottori

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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