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Jesi Viaggio jazz tra le grandi opere liriche, Danilo Rea strega il pubblico

Una perla che ha incantato Piazza Federico II, l’omaggio più toccante, prima del saluto, è stato dedicato a Caruso come grande artista e a Dalla come immenso compositore

Jesi – «E’ stato un lavoro difficile da realizzare, pensa alla pazza idea di mettere insieme musica, immagini tratte da opere, suonarci sopra, improvvisare soprattutto, oppure ricordare brani di amici con cui collaboro da anni. Insomma, sono stato una specie di direttore d’orchestra che ha viaggiato in un mondo speciale per me, ogni sera in modo diverso, oggi insieme a questo straordinario pubblico di Jesi».

Così parlò Danilo Rea. La ciliegina sulla torta (non lo diciamo per piaggeria), è che se si sa scegliere e se interessa farlo bene per la città e non solo, si può creare tutto quello che l’edizione di quest’anno del Festival Pergolesi Spontini ha finora proposto.

Il pubblico la ricorderà a lungo. Il pianista Rea, in forma straordinaria, ha davvero chiuso un magico cerchio, lasciandoci soddisfatti, suggestionati dalla “potenza della lirica” e, credo, consegnando un pesante fardello alla Fondazione Pergolesi Spontini che per l’anno prossimo dovrà … fare di meglio. Buon lavoro, ragazzi.     

“La grande opera in jazz” è una perla che ha incantato Piazza Federico II, dove sono accorsi i tantissimi patiti del musicista da ogni parte della regione, per la sua capacità inventiva, pensate che prendeva e assaliva i tasti del piano e li girava, davvero, come un pizzaiolo napoletano fa con la sua Margherita (o quel che vi pare) per mettervela sul piatto e per farvela gustare al meglio. Ne è scaturito un messaggio filtrato attraverso uno scrigno musicale e visivo, con le magiche improvvisazioni del pianista, unendo la forza di jazz, lirica e immagini di repertorio con arie fra le più note di Puccini, Mascagni, Verdi, Rossini, Bellini, Donizetti

Poi le voci che Rea ha diretto accompagnandole e dirigendole a modo suo, di Caruso, Callas, Del Monaco, e tante altre. Ringrazio, ed uso questo mezzo sfacciatamente, per “O mio babbino caro”, dal “Gianni Schicchi”, che mi coinvolge ogni volta. E’ stato un omaggio all’opera lirica attraverso un’interpretazione fuori dagli schemi e in chiave jazz dei più importanti classici del genere. 

Un’ora e mezza, forse di più, il tempo (non quello musicale…) a un certo punto si ferma, ogni tanto si sentiva il desiderio, ma anche la necessità, di un applauso ma no, peccato, l’applauso in un racconto così vario e appassionante, si fa alla fine. E allora si va avanti e alla fine nessuno voleva andar via.

L’omaggio più toccante, prima del saluto,  è stato dedicato a Caruso come grande artista e a Dalla come immenso compositore. Emozionante. In prima fila c’era Bruno Sconocchia, che ha avuto nella sua vita di manager musicale i più grandi artisti, basta che fate un nome. Dalla era soprattutto un suo grande amico, credo che anche lui abbia sentito qualcosa dentro riascoltando “Caruso” suonata, con un trasporto affettuoso e magico, da Danilo Rea. 

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