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LETTERE & OPINIONI DIBATTITO APERTO SULLA PROPOSTA DI SOSTITUIRE IL TERMINE ‘RAZZA’

JESI, 22 febbraio 2018 – Per il prossimo Consiglio Comunale i consiglieri Massaccesi e Cioncolini propongo di sostituire il termine razza con tipi umani, culture, popolazioni, riferendosi al razzismo montante nel nostro paese e correlandosi alle tragedie del passato fra cui, non ultima, la promulgazione delle leggi razziali fatte dallo stato fascista.

E’ indubbiamente un’iniziativa degna di attenzione e sottolinea la necessità di uno sforzo collettivo che interessi sia le istituzioni sia la comunità ed i singoli individui, nella consapevolezza che il razzismo non si cancella con un tratto di penna.

In primo luogo risulta abbastanza complesso pensare di sostituire qualcosa che non esiste, come la razza, con qualcosa di simile quale la definizione “tipi umani” che, nei fatti vuol dire tutto, ma non vuol dire nulla, se non sottolineare di nuovo differenze fra persone in base ai loro caratteri somatici che, diventerebbero di nuovo elemento di valutazione comportamentale, e quindi razzismo a tutti gli effetti. Allo stesso modo le parole cultura e popolazione sono così generiche che potrebbero portare a forzature interpretative quali: la cultura africana, la popolazione asiatica, la cultura musulmana, etc. In questo va evidenziato come la stessa parola “etnia”, accezione scientifica che deriva dalla parola greca ethnos, che significa popolo o nazione, dallo stesso mondo accademico, in particolare dagli antropologi è sempre più ritenuta come veicolante concetti discriminatori tendenti a categorizzare gruppi umani in base a religione, cultura, tradizioni, luoghi di provenienza, etc.

Nei fatti si comporterebbe come sinonimo di razza. In merito basti vederne l’uso che se ne fa molto spesso, riferibile ad un concetto genuinamente razzista ed inventato, quale la “sostituzione etnica”.

Per capire il senso del termine di etnia, se si vuole, basta riferirlo a noi stessi, e chiedersi in base a cosa si possa parlare di “etnia italica” se, da sempre, la penisola racchiude in se tradizioni, popoli, religioni (ed atei), lingue e costumi tutti molto diversi fra loro. Non a caso, a titolo esemplificativo, nel Codice deontologico degli infermieri, nella versione proposta al corpo professionale nel 2008, all’articolo 4 figurava la parola “etnica” per sottolineare un comportamento non discriminatorio. Il termine però fu tolto, perché ritenuto ambiguo e controproducente, portando al seguente testo: “Articolo 4: L’infermiere presta assistenza secondo principi di equità e giustizia, tenendo conto dei valori etici, religiosi e culturali, nonché del genere e delle condizioni sociali della persona.” passaggio presente nella versione del codice del 2009, e tutt’ora in uso.

Ciò nonostante, ripeto, se l’intenzione dell’ordine del giorno presentato è quella di togliere spazio a comportamenti ed idee razziste, basta sottolineare nel dibattito l’importanza di non dover categorizzare l’essere umano, o quanto meno farlo il meno possibile (la stessa accezione spesso usata del termine “di colore” è abbastanza ipocrita, dato che viene sempre e solo usata per persone … con uno solo e determinato tipo di colore: quello nero).

Alla fine la questione è più semplice di quanto non appaia.

Basta comprendere come l’appartenenza comunitaria o culturale o religiosa, e la stessa identità individuale, debbano essere considerati quali elementi utili a visioni solidaristiche ed inclusive, utili a valorizzare differenze e a favorire incontri, ma ancor più funzionali a realizzare concretamente l’uguaglianza fra le persone, a partire dalla considerazione delle risorse e delle criticità di cui ognuno di noi è portatore.

Un’uguaglianza che tenga conto dei differenti bisogni produce equità sociale e combatte le discriminazioni.

Giordano Cotichelli, infermiere e PhD in Sociologia ed Epidemiologia delle disuguaglianze nella salute

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