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Porto Recanati Arena Gigli incantata da musica e racconti di Francesco De Gregori

Tutto esaurito per il concerto del cantautore romano che ha ammaliato con i suoi cavalli di battaglia ed i testi rispolverati dal suo immenso repertorio, ma anche con una versione inedita di sè molto dialogante con il pubblico

Porto Recanati – Una serata memorabile quella che Francesco De Gregori, in tournée col suo Dal Vivo, ha regalato ieri ai suoi fans all’arena Beniamino Gigli.

Oltre due ore di successi in cui il settantatreenne (solo all’anagrafe) cantautore romano ha spaziato tra le pieghe più profonde della sua carriera, in un’inedita versione parlata.

Già perchè davanti ai 1.500 della sempre suggestiva arena portorecanatese, esaurita da mesi, s’è mostrato in una veste inusuale, ovvero molto aperta all’interazione con il pubblico, a differenza del passato in cui, col suo carattere riservato, ha sempre lasciato enorme spazio a musica e canzoni e poco alle parole. 

Come lui stesso ha rimarcato a inizio concerto, «ci sono due grosse novità, la prima è De Gregori che parla», ha detto strappando la prima di un lunghissima serie di ovazioni. «La colpa è di Antonello Venditti, con cui sono stato in tour due anni e che mi ha contagiato, lui che parla di continuo durante gli spettacoli…», si è quasi giustificato dedicando un applauso al suo amico e concittadino di Roma Capoccia

«Per anni mi hanno accusato di non parlare – ha ricordato riferendosi alle molte critiche dei primi anni di carriera in cui era additato come snob il suo essere schivo – e che i miei testi erano strani. Ad esempio Pablo, mi chiedevano ma come fa ad essere vivo se l’hanno ammazzato? – ha ricordato con voce caricaturale -. E io pensavo… ma vaffanculo va!». 

Un carattere introverso e mansueto, non incline ai riflettori se non con una chitarra o un’armonica in mano, che negli anni ‘70, quando era in rampa di lancio con la carriera, gli costò critiche assurde e strumentali. Come testimonia l’eclatante episodio del PalaLido di Milano nell’aprile ‘76, quando fu più volte interrotto da una frangia di contestatori, incappucciati, appartenenti a gruppi autonomi di estrema sinistra, che a fine esibizione lo richiamarono a forza sul palco per una sorta di processo politico, nel quale fu a difendersi dall’accusa, cervellotica, di usare i dogmi di sinistra ma di tenere il portafogli a destra, con la richiesta finale di rinunciare al suo cachet della serata. 

Ma ieri tirava tutta un’altra aria. L’esibizione è partita con due inediti che De Gregori ha riservato al pubblico marchigiano rispetto alla scaletta della tournée, per la verità molto intercambiabile e variegata: Lettera da cosmodromo messicano Cose

Poi via via una serie di canzoni di nicchia e altre da hit, il tutto «senza campionatori e aiuti elettronici, tutta di musica vera, italiana e fatta dal vivo», fatta dalla sua band, che ha più volte omaggiato, e da lui stesso con la sua impareggiabile armonica a bocca. 

E quindi via con L’uccisione di Babbo Natale, Stella stellina, ma anche i testi impegnati di I matti, Numeri da scaricare, Il cuoco di Salò e, ascrivibile in entrambe le liste, l’eterna Generale

L’esibizione è proseguita tra un sorso di birra bionda, che l’assistente di palco gli fa trovare fresca e in bicchiere di vetro su un tavolo piazzato davanti la batteria, e un tiro di sigaretta ogni tanto. Nella seconda metà dello spettacolo, aperta dal suo forse più iconico successo Leva calcistica classe ‘68, ha regalato al pubblico dell’arena intitolata a Beniamino Gigli il racconto della nascita del tenerissimo testo di Diamante, commissionatogli da Zucchero Fornaciari.

«Mi telefonò dicendomi che aveva una musica bellissima e chiedendomi se ci potessi scrivere una canzone dedicata a.. sua nonna! Rimasi spiazzato, non sapevo nulla di lei. E lui mi disse che si chiamava Diamante…».

I saluti finali di De Gregori e la sua Band all’Arena Gigli di Porto Recanati

Da lì un crescendo rossiniano di emozioni e ricordi con La valigia dell’attoreSempre per sempre e La donna cannone. Dopo i classici “finti saluti” il ritorno sul palco con le ultime quattro canzoni. Una delle quali in duetto con la magnifica voce di Angela Baraldi, che gli ha fatto anche da apripista pre-concerto, con 4 sue canzoni. Insieme hanno cantato la particolarissima Anidride solforosa, un testo del suo amico Lucio Dalla, «che parlava di futuro e anche di quella cosa chiamata… inquinamento», ha detto sibillino presentandola.

Chiusura con la magia di Rimmel e di Buonanotte fiorellino, sulla quale ha chiamato tutto il pubblico ad alzarsi e ballare «con chi preferite, qui non ci sono preclusioni», come fosse un valzer d’amore. 

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