Redazionali
Sei strategie da seguire per non farsi ossessionare dalla fast fashion
30 Settembre 2020
Le statistiche parlano chiaro e sono sbalorditive: meno del 2% delle persone impiegate nell’industria manifatturiera dell’abbigliamento guadagna un salario sufficiente per vivere, secondo i dati raccolti da The Lowest Wage Challenge.
Per garantire alla società “occidentale” il privilegio di poter disporre a piacimento di indumenti di buona qualità, il 98% della gente che produce questi indumenti vive in povertà. La domanda è: tutto questo è davvero necessario?
È anche vero che la pandemia in corso ha cambiato la mentalità di molte persone ed è possibile che la fast fashion stia cominciando a ricoprire un ruolo meno importante. Se stai cercando di contenere i tuoi acquisti impulsivi e di ridurre le tue spese relative all’abbigliamento, questo articolo fa per te: continua a leggere per trovare sei utili consigli.
1. Applica la regola dei 30 giorni
La prossima volta che ti trovi in procinto di acquistare d’impulso una nuova maglietta o l’ennesimo paio di jeans, poniti questa semplice domanda: indosserò questo capo per almeno trenta volte?
La “30 wears challenge” è stata ideata da Livia Giuggioli (ex Firth) e caldeggiata da varie celebrities; una su tutte Emma Watson, insieme ad altre migliaia di persone. La sfida è nata per scoraggiare la cultura dell’usa e getta, che impone norme sociali ormai consolidate, come quella di non indossare lo stesso abito per due feste diverse.
Il punto che si vuole sottolineare è che indossare sempre gli stessi vestiti non è solo accettabile, ma ricercato: un’idea del genere contribuisce a ridurre la dipendenza della società occidentale dalla moda economica e consumistica.
2. Acquista abiti usati e vintage
L’alone di diffidenza e disprezzo attorno agli articoli di abbigliamento di seconda mano è stato ben presente nella nostra società per moltissimo tempo.
In realtà, è facile capire che i vestiti usati sono più utili di quanto si possa pensare. Tanto per cominciare, per i bambini possono rivelarsi preziosissimi: basti pensare che, presumibilmente, il “vecchio” proprietario della tutina che abbiamo adocchiato l’avrà indossata solo poche volte.
Ma sono sempre più gli adulti che visitano con piacere un negozio di vestiti usati per sé stessi, senza necessariamente essere estimatori del vintage. È possibile trovare capi di ottima fattura (cosa rara negli indumenti che siamo abituati a indossare quotidianamente) a prezzi stracciati e, in molti casi, le politiche sui resi sono molto flessibili.
Infine, è opportuno ricordare che esistono anche molte app e siti web dedicati alla vendita (e quindi anche all’acquisto) di vestiti usati.
3. Elimina la tentazione
Rimuovere un oggetto del desiderio dalla propria portata visiva è un metodo sperimentato e valido per smettere di fare cose che non vogliamo. Chi è dipendente dai social può imporsi di non accedere al proprio profilo o di disattivarlo, mentre ci sono app predisposte al blocco di siti web dedicati al gioco d’azzardo per quanti cercano di superare una dipendenza.
Lo stesso concetto è applicabile allo shopping: se vuoi veramente smettere di sfogliare il catalogo di quel brand di moda, comincia col disiscriverti dalla newsletter per non farti tentare dalle future offerte. Poi, smetti di seguire il brand sui social e, se necessario, metti il loro sito web nella lista dei siti bloccati.
Se devi comunque acquistare dei vestiti, rivolgiti ai marchi che promettono articoli durevoli e di qualità, anche se più costosi.
4. Prova a organizzare uno swap party
Swap party è anche il nome un’app italiana creata sulla scia dell’app Swap Club per lo scambio di vestiti usati, ma sembra non abbia riscosso molto successo.
Più interessanti sono i “tradizionali” swap party, da organizzare “in piccolo”, o da cercare nelle grandi città (non è raro imbattersi in questi eventi organizzati sui social media; certo, durante una pandemia è tutto molto più complicato).
I vantaggi dello swapping sono numerosi: risparmio di denaro, nessun impatto ambientale, guadagno di spazio negli armadi…
5. Segui (e usa) l’hashtag #whomademyclothes
Invece di provare a indovinare da dove vengono i nostri vestiti, proviamo a chiedere direttamente: i brand devono essere in grado di fornire risposte precise ed esaurienti via email o social media (o persino in negozio, in un mondo ideale).
Se le risposte ricevute non ci soddisfano, possiamo procedere cercando su internet i dati che ci interessano: per esempio, quali sono i Paesi dove i brand di fast fashion vanno per la maggiore e in quali Paesi la paga dei lavoratori è più bassa.
A questo proposito, l’hashtag #whomademyclothes è sempre più seguito su Twitter, ma anche su Instagram. Usiamolo senza esitazioni: se le risposte ricevute non ci piacciono, siamo liberi di smettere di acquistare da un determinato brand o negozio.
In attesa che sempre più aziende portino gli stipendi dei dipendenti delle fabbriche a un livello decente e li mantengano tali.
6. Impara alcuni trucchi di cucito
Gettiamo via troppo in fretta i nostri vestiti, spesso per danni minimi e riparabili come una zip rotta.
Internet, però, è una miniera inesauribile di informazioni e, ovviamente, si trovano un’infinità di tutorial per imparare ad eseguire operazioni di cucito più o meno complesse. YouTube, ad esempio, è pieno di video del tipo “5-minute crafts”: imparare a sostituire un bottone o a rammendare un calzino non sembra più un’impresa.
Infine, non dimentichiamo il ruolo importante della creatività: a volte basta davvero poco per rinnovare i capi (ad esempio, applicando una bella spilla a un noioso cappello che non mettiamo più) o per cominciare a indossarli in modi diversi (ad esempio, sperimentando nuovi modi di annodare le sciarpe). Anche questo modo di dare nuova vita a vecchi abiti in buono stato ci aiuta a evitare nuovi acquisti inutili.