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Serra San Quirico La guerra di Piera per non dimenticare “zio” Paolo Borsellino
9 Ottobre 2022
La Aiello, vedova di un boss della mafia, prima testimone di giustizia a essere entrata in Parlamento, ospite della rassegna di Teatro della scuola
Serra San Quirico rafforza il suo profilo di capitale nazionale del Teatro Educazione.
Questo piccolo e delizioso centro marchigiano, “un borgo medievale fortificato adagiato su una costa rocciosa che ricorda la forma di una galea, una nave lunga e stretta, un imponente paese in pietra rimasto pressoché inalterato nel tempo, realizzato per dominare la vallata” e accarezzato dalle colline che poi, improvvisamente, crescono a diventare monti, ha da anni il marchio di capitale nazionale del Teatro Educazione.
Quest’anno la Rassegna nazionale Teatro della Scuola ha presentato di nuovo, dopo la pandemia, centinaia di studenti, docenti, educatori e operatori teatrali, provenienti da dodici regioni d’Italia.
Fra i numerosi impegni che un’intera comunità porta avanti con passione e amore – fra questi voglio ricordare Marina Ortolani, Salvatore Guadagnolo direttore artistico della rassegna, operatore culturale di grande valore e professionalità, Simone Guerro, regista, attore, scrittore – il progetto culturale, che continuerà fino al 15 ottobre, ha ospitato un incontro fra i ragazzi delle scuole e gli addetti ai lavori, con Piera Aiello, un personaggio che ha vissuto una vita da inesistente, protetta dallo Stato, e che oggi racconta la sua storia.
Piera, vedova del boss di mafia Nicolò Atria, è la prima testimone di giustizia a essere entrata in Parlamento dopo aver deciso di denunciare il mondo mafioso e iniziare a collaborare con le forze dell’ordine.
Dopo l’omicidio del marito, freddato dai killer davanti ai suoi occhi nel 1991, Piera Aiello decise di dire basta a quel mondo in cui era cresciuta iniziando a collaborare con la Polizia e la Magistratura, tra cui il giudice Paolo Borsellino, unitamente alla cognata Rita Atria, che poi si uccise a 17 anni una settimana dopo la strage di via D’Amelio.
Inserita nel 2019 dalla Bbc tra le 100 donne dell’anno, questa italiana che non tutti conoscevano, oggi, per grande parte dell’anno, incontra non solo chi non conosce la sua storia e una grande parte della sua vita, quella della rinascita, della politica, del suo girare “a muso duro”, con lo sguardo aperto e senza paura, come diceva e voleva che facesse suo “zio”, Paolo Borsellino.
Ai ragazzi racconta la sua guerra. E’ sempre in ogni parte d’Italia, anche se nessuno conosce dove abita insieme ai suoi cari, quando le ho detto che potrebbe definirsi “la ragazza con la valigia”, ha schioccato un grande sorriso.
L’ultima volta ci incontrammo a Jesi a Palazzo della Signoria, in un confronto organizzato dalla Fidapa in occasione della giornata mondiale della legalità. E coinvolse tutti.
«I ragazzi sono sempre molto attenti, vogliono capire, con domande precise, quale sia il sistema della criminalità organizzata. Io non faccio lezioni ai ragazzi, quando li incontro nelle scuole, sono loro che mi insegnano, giorno dopo giorno, qualcosa, sono io che apprendo. Anche se non vivono in un mondo in cui la criminalità organizzata è in realtà quasi al tuo fianco, capiscono che si trova da tutte le parti, soprattutto là, dove ci sono i soldi».
Dove trovi maggiore interesse a questi problemi ormai radicati?
«Forse al nord sono più interessati alla lotta alla mafia, da Roma in giù spesso si tende a nascondere l’evidenza dei fatti. Una volta a nord si pensava che la mafia fosse un problema meridionale, sbagliato, oggi hanno capito che i paesi e le città le cui Amministrazioni sono state sciolte per mafia, sono proprio in Lombardia e non solo. La presenza della ‘ndrangheta, dall’Emilia Romagna in su, è troppo forte».
Un ragazzo come può rendersi conto, vivendo il suo tessuto sociale, se la mafia gira anche per le strade della sua città?
«Intanto i ragazzi debbono star lontani dagli stupefacenti, la droga significa aumentare il portafoglio di queste persone. Poi, se qualcuno ti offre qualcosa per semplificarti la vita a raggiungere un obiettivo più velocemente, bypassando determinati ostacoli, bene, quello è il momento in cui bisogna chiedersi perché qualcuno si sta adoperando per snellire la tua carriera. Eppure tutti, ragazzi in primis, hanno il “diritto” di mirare a qualcosa che vogliono conquistare, non servono “favori” che, spesso, nascondono secondi fini. Ai ragazzi dico che se gli offrono una via più breve c’è sempre il perché e un prezzo molto alto da pagare».
Cosa ti hanno lasciato Falcone, Borsellino, magistrati dei quali non è mai troppo il rimpianto per la loro assenza.
«Ci sono, non stanno fisicamente con noi, ma vivono perché ci hanno lasciato un’eredità talmente grande che non possiamo ignorarla. Non c’è una notte in cui, prima di andare a dormire, non dica “buonanotte, zio Paolo”, lo stesso dicasi per la mattina. La loro storia deve camminare con le mie gambe. Per non dimenticare. Oggi la mafia è in giacca, cravatta, laureata, occupa posti di potere e… uccide in modo diverso. In questa campagna elettorale ho trovato la nipote di un mafioso, che io avevo denunciato, che è diventata deputata e a fare la campagna elettorale è andata insieme al nonno in un bene confiscato al nonno stesso. Queste cose lo Stato non dovrebbe mai permetterle!!!».